Per la prima volta dopo anni, il tema dell’obesità infantile è tornato prepotentemente al centro del dibattito pubblico. Il recente Atlante dedicato alla questione ha riacceso l’allarme, dopo anni in cui i problemi connessi alla sovralimentazione nel primo mondo sembravano passati in secondo piano. Nel 2010, l’ultimo rapporto aveva spinto le potenze mondiali a fissare il 2025 come tetto massimo per avviare una riduzione del fenomeno; secondo lo studio del 2019, nove Paesi su dieci non riusciranno a mantenere i limiti prefissati. Ad oggi, l’incremento rispetto agli ultimi numeri supera il 60%.
150 milioni di bambini malati, 250 previsti nel 2030: gli spaventosi numeri del report sull’obesità infantile
Lo studio, condotto dalla squadra del nutrizionista Tim Lobstein, ha inquadrato l’obesità infantile con numeri spaventosi, mai visti prima. Ad oggi, nel mondo sarebbero 150 milioni i ragazzi afflitti da obesità. Tenendo i ritmi in aumento registrati in questi anni, nel 2030 potrebbero superare i 250 milioni. Un dramma che si manifesterà al momento della crescita; un adulto obeso sarà naturalmente più portato a malattie di tipo cardiovascolare, con conseguente effetto economico sui servizi sanitari pubblici dei Paesi costretti a fronteggiare la futura epidemia.
Contrariamente a quanto storicamente affermato, il problema dell’obesità infantile non è però più esclusivamente connesso alle culture anglosassoni. Se gli USA rimangono però in pole position (17 milioni, il 20% della popolazione sotto i 18 anni), i numeri più spaventosi vengono da Paesi apparentemente considerati “minori”. L’aumento spropositato in zone come Congo, Vietnam e Nuova Zelanda indica che ciò che una volta era percepito come piaga connessa al benessere fa ormai parte del patrimonio culturale mondiale. Tra India e Cina da sole, i bambini vittime della cattiva nutrizione andrebbero a formare quasi il 70% del totale.
“Limitare la vendita e la commercializzazione del cibo spazzatura”: gli esperti lanciano l’allarme
“L’obesità infantile è una marea in crescita che il mondo politico si è rifiutato di affrontare“, spiega Lobstein nel rapporto. “Queste cifre infastidiscono, ma non fare nulla alla lunga ci costerà molto di più“. La soluzione, almeno nell’immediato: “Intervenire sul mercato, per ridurre e limitare la commercializzazione globale di bevande gassate e alimenti ultra-processati“.
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