Scorie nucleari, svelata la lista delle aree di deposito idonee in Italia: quali e quante sono
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha reso note le aree ritenute idonee per il deposito nazionale di scorie nucleari: ecco quali sono.
È stata la Società dello Stato italiano SOGIN (acronimo di Società per la Gestione degli Impianti Nucleari) ad elaborare la mappa dei 51 luoghi ritenuti idonei per diventare depositi nazionali di scorie nucleari. In tutto comprendono 6 Regioni italiane, ovvero il Piemonte, il Lazio, la Puglia, la Basilicata e le grandi isole della Sicilia e della Sardegna.
Sarà proprio la SOGIN la società incaricata a realizzare e a gestire l’impianto, provvedendo principalmente alle azioni di smantellamento dei vecchi impianti nucleari ancora presenti sul territorio nazionale ed al trasferimento nonché alla messa in sicurezza ed allo stoccaggio dei rifiuti e delle scorie radioattive prodotte anche dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare.
A seguito della pubblicazione della CNAI (ovvero della Carta Nazionale delle Aree Idonee), ora la SOGIN attende eventuali auto candidature spontanee da parte di enti territoriali non presenti tra i 51 luoghi proposti dalla Società nonché del Ministero della Difesa per le strutture militari. Il limite massimo per presentare le auto candidature è di 30 giorni dalla pubblicazione della Carta, dopodiché sarà necessario un ulteriore margine di tempo, la cui estensione al momento non è stata resa nota, affinché la SOGIN possa procedere con la verifica della loro eventuale idoneità.
Le ragioni di un deposito nazionale e le polemiche emerse da parte dei Comuni coinvolti
In base ai dati ufficiali a disposizione, sarebbero 16.000 circa attualmente i metri cubi di rifiuti radioattivi stoccati in circa 20 luoghi d’Italia, derivanti dalle vecchie centrali nucleari dismesse e dalle attività industriali, sanitarie e di ricerca.
La loro gestione è considerata piuttosto obsoleta ed inadeguata ed inoltre particolarmente onerosa per le casse dello Stato e, per questo motivo, da numerose decadi (basti pensare che il referendum che condusse al “No” all’utilizzo del nucleare al fine di produrre energia elettrica attraverso le centrali fu condotto nel 1987) si ragiona sulla proposta di un deposito unico moderno ed efficiente in grado di garantire i requisiti necessari di sicurezza e sostenibilità.
Il “polverone” suscitato dalla pubblicazione della mappa, tuttavia, non si è fatto attendere: le prime voci di assoluto dissenso, infatti, sono giunte da funzionari delle amministrazioni pubbliche della Sardegna, della Basilicata e della Puglia, che hanno sostanzialmente confermato e ribadito la propria totale indisponibilità ad ospitare l’area di deposito nucleare nazionale. Ora si attendono ulteriori sviluppi al fine di raggiungere la definizione del progetto.