Moda green, se anche il fashion si fa sostenibile
Negli ultimi anni la moda green sta diventando una realtà, perché anche nel mondo di stylist e designer si sta facendo sempre più strada una visione ecologica che si pone come obiettivo ambizioso quello di rispettare la natura con il riutilizzo di molteplici materiali. Parlando di moda etica, però, l’attenzione non è solo rivolta ai materiali ma anche alla produzione di questi prodotti di design, che vengono fabbricati nel pieno rispetto dei lavoratori oltre che della natura. Le finalità, è chiaro, sono molte ma, tra queste, soprattutto la possibilità di valorizzare così una conoscenza artigiana che, altrimenti, potrebbe essere dimenticata. Possiamo trovare in tal modo idee originali e divertenti, come Robin Wood, il papillon in legno realizzato da WooDone e prodotto interamente in Sudtirolo, ecologico, sostenibile e davvero chic! La farfallina in legno altoatesino, tanto amata dai dandy di tutte le età, è realizzata in Noce e Zebrano o nelle varianti in Wenge, Padouk e Noce. Simbolo di estrema eleganza ed emblema dei ruggenti anni Venti, Robin Wood è la rivisitazione del papillon in chiave moderna.
I nuovi materiali della moda green
Un’invenzione importante che apre nuovi scenari e possibilità per la moda ecofriendly è il Piñatex, una fibra naturale e ecologica, nata dagli scarti dell’ananas. Questo materiale, a basso impatto ambientale, potrebbe diventare un ottimo sostituto della pelle per la realizzazione di borse, scarpe e accessori. Il risultato, una volta lavorate le foglie dell’ananas è davvero molto soddisfacente, sia in termini di resa estetica che di resistenza, infatti Piñatex è versatile, morbida ed economica, può essere tinta, stampata e lavorata per ottenerne diverse consistenze e utilizzata per la creazione di tantissimi capi di abbigliamento ecosostenibili.
La sua creatrice, Carmen Hijosa, ha inoltre un altro progetto, che questo materiale totalmente green, oltre che come sostituto della pelle, venga riconosciuto per la sua particolarità, la sua unicità e il suo valore, anche per la realizzazione di rivestimenti antibatterici e traspiranti per le ferite, allargando gli utilizzi anche al capo medicale, oppure trovi applicazione come materiale isolante per le abitazioni.
Dalle scarpe alle borse: quando l’accessorio è etico
Non ci sono dubbi, tra i must have che la moda green proporrà per la primavera-estate 2016 ci saranno sicuramente borsa e scarpe firmate da Stella McCartney. Per chi ama le scarpe sportive e le sneakers, la linea Stellasport by Adidas propone una serie di modelli colorati, eleganti e versatili, perfetti per andare in palestra ma anche nella vita di tutti i giorni. Il mood è giovane e i prezzi sono accessibili, così si può spendere un po’ di più per la nuova iconic bag della maison, la Becks. Morbida, ma strutturata, con una grande catena in ottone zincato, è intessuta a mano e, ovviamente, super ecologica. Fedele alla filosofia vegetariana della designer, infatti, è prodotta in eco Alter Nappa. La borsa è disponibile in tre misure nei colori nero, avorio e brandy, nella versione trapuntata o tressé, ed è ovviamente firmata da Stella McCartney.
Più femminili rispetto alle sneakers, ma sempre rigorosamente ecofriendly, le scarpe di Coliac Shoes, un brand italiano, creato dalla designer Martina Grasselli, che propone modelli vegan-oriented davvero trés chic. Una linea moda capace di coniugare etica ed estetica: scarpe modello derby realizzate interamente in ecopelle, nei colori blu notte, rosa, nero, platino ed effetto glitter, impreziosite da piercing dalle forme inedite, ispirate a meccanismi meccanici e ingentiliti da baguette di strass.
Come ornamento per le proprie borse vegan o come veri e propri accessori, invece, Matt&Nat, marchio canadese, utilizza pneumatici da bicicletta, cartone, sughero e vetro. Purtroppo, il marchio Matt&Nat qui da noi in Italia non è ancora arrivato, ma online è possibile acquistare tutte le borse vegan e gli accessori che desiderate.
La Re-bellione ecologica
Re-Bello è un brand fondato da tre giovani che in questo modo hanno fuso moda e sostenibilità ambientale, ottenendo così la moda green. L’idea, nata nel 2010 a Bolzano, parte da un concetto green di moda basata sull’ambiente e i suoi derivati ecologici. Ne è così derivata una collezione dal design accattivante ma dalla sostanza ecosostenibile. Per la produzione vengono utilizzati solo prodotti bio, come cotoni organici, bambù, eucalipto, ortica, cipresso e il pet derivante dalle bottiglie riciclate. L’Art Director del marchio è Ivana Omazic, che prima di entrare nel team, ha maturato esperienze in grandi marchi, ultimo dei quali la Maison Celine. Gli abiti prodotti sono così non solo naturali, ma caratterizzati da forme e volumi fashion, rivolti ad un pubblico giovane ma attento all’ambiente che lo circonda ed alla salvaguardia del pianeta. Le camicie sono in cotone organico, le tee-shirt in bambù, cipresso ed eucalipto, i parka e i capi spalla in un tessuto Pet riciclato completamente prodotto in Italia. E pensare che tutto è iniziato dalla raccolta differenziata delle bottigliette d’acqua nel bacino del Nord Italia!
Il lato sociale del trend
Quando si parla di moda green, o di tendenza green, ci si riferisce dunque – e i più consapevoli lo sanno ormai da anni – a quel settore che crea abiti e accessori nel totale rispetto della natura e dei lavoratori. Green, eco, veganismo ed etica diventano così tante facce di una stessa medaglia, in grado di garantire un gusto ricercato e una nuova consapevolezza che piace a molti. Tra i brand che si impegnano da tempo a produrre moda eco ci sono Valentino, Gucci, H&M, Zara, e, come già detto, Stella McCartney: c’è chi punta tutto sul vegan fashion, chi sulla moda eco, chi sulla riduzione drastica di emissione di CO2, come Valentino, l’azienda italiana più verde degli ultimi anni secondo Greenpeace. Non bisogna dimenticare, infine, parlando di moda etica, che, oltre a puntare sul rispetto dell’ambiente, si impegna anche nel sociale e lo fa in modi diversi. Ci sono marchi che fanno fair trade, ovvero organizzano la produzione o parte di essa in Paesi svantaggiati offrendo formazione e lavoro alle popolazioni locali che spesso hanno un sapere artigianale da valorizzare. Altri invece devolvono parte degli incassi delle vendite a campagne di sostegno per Associazioni onlus. Al contrario, purtroppo, molte industrie di moda tradizionale hanno delocalizzato le loro produzioni in Paesi dove la manodopera e il lavoro costano poco e dove non ci sono vincoli ambientali e diritti sindacali.