Con la foglia artificiale meno CO2 ed energia pulita
Una foglia potrebbe cambiare il mondo. Come si sa, nulla è più perfetto di ciò che è presente in natura ed è per questo che da anni ormai numerosi studiosi cercano di ricreare artificialmente uno dei sistemi più ingegnosi che la natura stessa ha creato: la fotosintesi clorofilliana. Ora sembra davvero che questi studi siano arrivati ad un punto importante e che, addirittura, siano andati oltre le aspettative: non solo riprodurre artificialmente, appunto, la fotosintesi ma creare carburante pulito dalla CO2.
Dalla CO2 catturata si crea il syngas
Lo studio (http://science.sciencemag.org/content/353/6298/467) di questa foglia artificiale, pubblicato sulla rivista Science, proviene dagli Stati Uniti, più precisamente da un’equipe di ricercatori della University of Illinois di Chicago in collaborazione con studiosi dell’U.S. Department of Energy’s Argonne National Laboratory. Il progetto è stato finanziato dalla National Science Foundation e dal Dipartimento di Energia degli Stati Uniti. La cella solare fotosintetica sviluppata prende come esempio il lavoro svolto dalle foglie naturali che catturano l’anidride carbonica e la convertono in glucosio e ossigeno. La foglia artificiale però non produce zuccheri ma un tipo di gas sintetico, noto anche come syngas, una combinazione di monossido di carbonio e idrogeno. Tale gas può essere bruciato direttamente o trasformato in gasolio. La nuova cella è diversa dalle precedenti celle in quanto è fotosintetica e non fotovoltaica: mentre le precedenti convertivano la luce in elettricità da stoccare nei sistemi di accumulo, questa converte direttamente l’anidride carbonica in carburante. L’aspetto cruciale di tutto il sistema brevettato è l’attivazione dell’anidride carbonica, che è in realtà una molecola stabile. Le piante riescono ad attivare la CO2 grazie agli enzimi, che sono catalizzatori naturali. La foglia artificiale, invece, sfrutta il lavoro di un catalizzatore metallico composto di piccolissimi fiocchi di tungsteno diselenide. Tra i numerosi catalizzatori testati il tungsteno diselenide in nano fiocchi ha dimostrato di essere il migliore, dato che riesce a rompere facilmente e velocemente i legami chimici della CO2, oltre ad essere 20 volte più economico e 1000 volte più veloce dei catalizzatori di metallo prezioso come, ad esempio, l’argento. In questo modo, dunque, l’anidride carbonica può essere convertita in una forma infiammabile di carbonio utilizzando reazioni chimiche conosciute come reazioni di riduzione, in contrapposizione alle reazioni di ossidazione o combustione. La CO2 viene così convertita in CO, molto più reattivo dell’anidride carbonica. Come ha spiegato il fisico Peter Zapol di Argonne, uno degli autori dello studio, “creare combustibili dal monossido di carbonio è un processo energicamente in discesa, mentre crearli dal biossido di carbonio significa andare in salita”. Sebbene il processo per convertire la CO2 in CO sia diverso da quanto accade per le piante in natura, il principio di base è lo stesso. “Nella fotosintesi, gli alberi prendono l’energia da sole, acqua e anidride carbonica per generare il proprio combustibile; nel nostro approccio sperimentale, gli ingredienti sono gli stessi, ma il combustibile ottenuto è differente”, ha sottolineato Larry Curtiss, un altro autore.
La foglia bionica di Daniel Nocera
Uno degli studiosi che da anni lavora nello sviluppo di foglie artificiali è il professor Daniel Nocera, a capo di un’equipe di ricercatori della Harvard University, che ha annunciato di aver messo a punto quella che ha chiamato “foglia bionica 2.0”, un passo avanti notevole rispetto ai risultati raggiunti da lui stesso nella precedente versione della foglia bionica. In pratica il sistema, ideato da Nocera, insieme a Pamela Silver, professoressa di biochimica e biologia dei sistemi alla Harvard Medical School, spiegato nello studio (http://science.sciencemag.org/content/352/6290/1210) pubblicato ancora dalla rivista Science, usa l’energia solare per scindere molecole d’acqua e batteri che mangiano idrogeno per produrre biocombustibili. “Si tratta a tutti gli effetti di un sistema fotosintetico artificiale completo”, ha spiegato Nocera. “Finora, i dispositivi di questo tipo si fermavano alla lisi dell’acqua per via fotosintetica, mentre il nostro dispositivo compie il processo dall’inizio alla fine, superando addirittura il processo naturale in quanto a efficienza”. Il passo avanti compiuto riguarda la risoluzione di una importante criticità che gli studiosi si sono trovati davanti nella precedente versione. Il catalizzatore a base di nichel-molibdeno-zinco impiegato nella prima fase per produrre l’idrogeno produceva anche specie reattive dell’ossigeno, che erano dannose per i batteri che avrebbero dovuto occuparsi della seconda fase. Queste molecole attaccavano e distruggevano infatti il DNA dei batteri. La soluzione trovata era stato quella di far lavorare il sistema a voltaggi molto più alti, ma questo aveva come conseguenza una importante perdita di efficienza. Nella versione 2.0 della foglia bionica si è invece utilizzato un diverso tipo di catalizzatore, composto da una lega di cobalto-fosforo, che non produce specie reattive all’ossigeno. Il nuovo catalizzatore permette quindi di abbassare il voltaggio e di incrementare l’efficienza del sistema: il sistema è infatti in grado di convertire l’energia solare in biomassa con un’efficienza del 10%, quindi molto superiore a quella delle piante a più rapida crescita, che arrivano a un’efficienza dell’1%. Altro passo avanti è nella quantità di combustibili che ora la foglia bionica riesce a produrre: oltre all’isopropanolo, infatti, consente di produrre anche isobutanolo e isopentano e, addirittura, permette di creare PHB, un precursore della bio-plastica. Ulteriore e importante vantaggio del nuovo catalizzatore è quello di essere auto-riparante. “Se ci pensiamo – afferma Nocera – la fotosintesi è incredibile: prende luce del Sole, acqua e aria e fa crescere un albero. Il nostro è un risultato importante, perché fa la stessa cosa, ma in modo più efficiente; uno dei miei obiettivi è di renderla disponibile anche nei paesi in via di sviluppo, uscendo da quelli che sono i consueti schemi di trasferimento tecnologico”.
La foglia di seta che produce ossigeno
Una delle prime innovative versioni della foglia artificiale è stata quella ideata solo un paio di anni fa dal dottor Giuliano Melchiorri, laureato al Royal College of Art. Si trattava di un prototipo (http://www.cnet.com/news/this-man-made-breathing-leaf-is-an-oxygen-factory-for-space-travel/) di foglia biologicamente funzionale artificiale che utilizzava anidride carbonica, acqua e luce per poi rilasciare ossigeno. In questo caso i materiali che costituivano questa foglia erano naturali, cioè i cloroplasti, gli organuli della cellula vegetale deputati ad eseguire la fotosintesi. Questi venivano estratti e poi sospesi in una base costituita da seta, così da ottenere una specie di tessuto fotosintetico in grado di respirare e produrre ossigeno, proprio come una vera foglia. Il dottor Melchiorri aveva proposto la sua tecnologia per depurare ed arricchire di ossigeno l’aria delle stanze interne degli edifici e per questo aveva realizzato delle lampade che, sospese all’interno degli ambienti e illuminate, producevano ossigeno.
Le foglie artificiali strumenti contro il riscaldamento globale
Lo sviluppo di tali tecnologie viene promosso sempre di più perché in esse gli scienziati vedono la possibilità di contrastare uno dei fenomeni più pericolosi per l’intera umanità, quello del riscaldamento globale dovuto alle eccessive emissioni di CO2. Ogni anno produciamo infatti quasi 10 miliardi di tonnellate di CO2 e il fenomeno, purtroppo, non sembra voler diminuire. Tutto il carbonio che viene rilasciato nell’atmosfera si traduce nell’aumento della temperatura terrestre. Ma le ultime versioni delle foglie artificiali vanno oltre e promettono di lavorare anche a favore dello sviluppo di energie pulite. “Invece di produrre energia in modo unidirezionale dai combustibili fossili ai gas serra, possiamo invertire il processo e riciclare il carbonio nell’atmosfera per produrre carburante, usando l’energia del sole”, spiega infatti Amin Salehi-Khojin, professore d’ingegneria meccanica e industriale e uno degli autori dello studio sulla foglia artificiale sviluppata all’Università dell’Illinois. Energia pulita, dunque, per aiutare a difendere la natura prendendo ad esempio proprio ciò che la natura fa.