NON SOLO COVID: IL 96% DELLE VITTIME ITALIANE AVEVA ALTRE PATOLOGIE, IPERTENSIONE AL PRIMO POSTO
Come prevedibile, le misure annunciate dal Premier Conte per la fase 2 che avrà inizio il 4 maggio, sono state criticate ampiamente. Non entriamo nel merito, ma vista la situazione in cui siamo finiti, è importantissimo essere quanto più accorti e morigerati possibile.
Il fatto che questa pandemia abbia assunto dimensioni mondiali, ci ha allontanato dalla reale analisi dei numeri italiani. Il bollettino comunicato giornalmente dalla Protezione Civile ha monopolizzato la comunicazione, talvolta allontanando il focus dagli studi demografici sulle persone che hanno perso la vita. I dati in realtà sono sempre disponibili: l’Istituto Superiore di Sanità rilascia di continuo informazioni di questo tipo, anche volte a ridimensionare il panico scatenato dai mass media nella popolazione.
I numeri non mentono
Non che sia tutto sotto controllo, assolutamente. Ma leggere i dati ufficiali aiuta a focalizzare l’incidenza che questo virus ha all’interno della nostra popolazione. In prima analisi ad esempio, la divisione in fasce demografiche dei deceduti risulta molto interessante. L’età media di questi ultimi è di circa 79 anni, e la fascia più colpita è senza dubbio quella 80-90, che vede comprese circa il 40% delle morti per Coronavirus. Sotto i 40 anni, i pazienti a perdere la vita sono stati in totale 57, ovvero lo 0,24% del totale.
Rispetto alle cartelle cliniche che sono state analizzate, il 96% dei deceduti soffriva di almeno una patologia pregressa. Per la precisione, coloro che precedentemente all’infezione polmonare non soffrivano di altro, sono il 3,6% del campione analizzato. La maggior parte invece, circa il 60%, aveva 3 o più patologie pregresse in atto.
In ultima analisi, la statistica nel dettaglio riguardante le patologie stesse, ci offre uno spunto di riflessione. Circa il 69% delle persone che hanno perso la vita a causa del SARS-CoV-2 soffrivano di ipertensione arteriosa. Suddividendo questo ultimo dato per genere, possiamo osservare come per le donne con questa patologia, la percentuale arrivi a sfiorare il 72% dei soggetti.