
POTENZA – Il processo bis di Ambiente Svenduto, incentrato sulle emissioni e il presunto disastro ambientale legato all’ex Ilva, ha visto la città di Taranto non presentarsi come parte civile, contrariamente a quanto ci si aspettava. Durante la prima udienza, tenutasi a Potenza, sono state registrate meno di 300 richieste di costituzione di parte civile, un numero significativamente inferiore rispetto alle 1.200 richieste del maxi processo annullato nel capoluogo ionico. Attualmente, solo una potenziale vittima su quattro ha deciso di proseguire la battaglia legale. Tra le assenze più significative spicca quella dei miticoltori, una delle categorie più colpite dall’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico. Non si è presentato neppure Vincenzo Fornaro, l’allevatore noto per aver subito l’abbattimento di centinaia di pecore a causa della diossina, il quale è diventato un simbolo della lotta ambientalista e ha partecipato alle ultime elezioni come candidato sindaco. La sua mancanza nelle aule di giustizia fa pensare a una resa.
Associazioni e richieste di danni
Nonostante l’assenza di numerosi cittadini, diverse associazioni ambientaliste storiche hanno deciso di chiedere i danni. Tra queste, spiccano Peacelink, guidata da Alessandro Marescotti, Altamarea e Legambiente. Il comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti ha fatto sentire la propria voce, insieme a sindacati come Cgil e Slai Cobas, nonché al partito di Europa Verde. Alcuni residenti del rione Tamburi hanno presentato richiesta di costituirsi parte civile, sebbene non tutti quelli che avevano partecipato in passato. Alcuni legali hanno sostenuto che per i loro assistiti già coinvolti nel precedente processo fosse sufficiente la richiesta già presentata, ma il giudice Francesco Valente ha concesso tempo fino al 4 aprile per le nuove istanze. Il numero di richieste potrebbe aumentare, ma il dato attuale rimane preoccupante. La conclusione poco entusiasta del primo processo, trasferito a Potenza a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado, potrebbe aver influito su questa situazione. Inoltre, la distanza dal capoluogo lucano e le spese legali per le trasferte rappresentano un ulteriore ostacolo.
Imputati e accuse
Per quanto riguarda gli imputati, il numero è sceso a 23, rispetto ai 47 iniziali, a causa della prescrizione che ha ridotto drasticamente le posizioni sotto accusa. Tra gli imputati figurano Nicola e Fabio Riva, ex proprietari della fabbrica tarantina, insieme all’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, all’avvocato Francesco Perli e ai fiduciari Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino ed Enrico Bessone. Questi devono difendersi da accuse di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele nei luoghi di lavoro. Inoltre, è presente un solo politico tra gli imputati: l’ex Governatore di Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione per aver esercitato pressioni su Giorgio Assennato, allora direttore generale di Arpa Puglia, affinché adottasse un atteggiamento più permissivo nei confronti della fabbrica. Infine, Lorenzo Liberti, ex consulente della procura, è accusato di disastro ambientale per aver redatto una perizia a favore della fabbrica in cambio di una tangente di 10mila euro, contribuendo così alla diffusione di sostanze nocive nell’area circostante l’acciaieria. La prossima udienza è stata programmata per il 4 aprile.