Nel saggio intitolato «Un femminismo decoloniale», pubblicato da Ombre Corte nel 2020, la politologa e attivista francese Françoise Vergès afferma che non può esistere un vero femminismo senza un impegno per la questione ambientale, lo sfruttamento, la vulnerabilità di classe e il razzismo. Secondo Vergès, è fondamentale collaborare con altri movimenti per smantellare l’attuale sistema oppressivo. Questo approccio si traduce in un concetto di «ecofemminismo», un termine introdotto per la prima volta nel 1974 grazie all’opera di Françoise d’Eaubonne, «Le féminisme ou la mort». L’idea centrale è semplice: mancare di rispetto verso le donne implica anche mancare di rispetto nei confronti dell’ambiente. Il patriarcato, secondo l’autrice, rappresenta il filo conduttore dello sfruttamento delle risorse naturali e delle donne, e contro questo sistema non esistono alternative: «il femminismo o la morte».
Durante la COP29, che si è svolta a Baku nel novembre 2024, il legame tra genere e cambiamenti climatici è stato nuovamente messo in evidenza a livello internazionale. Questo incontro ha seguito la COP28 di Doha, che aveva per la prima volta dedicato un’intera giornata a questo tema cruciale. L’ONU ha stimato che entro il 2050, il cambiamento climatico potrebbe spingere fino a 158 milioni di donne e bambine in condizioni di povertà e 232 milioni a vivere in insicurezza alimentare. Questi dati sono stati evidenziati nel rapporto «The Unjust Climate», redatto dalla FAO nel 2023, il quale sottolinea l’urgenza di garantire maggiori risorse finanziarie e attenzione alle politiche internazionali relative al genere e all’inclusività.
In occasione della Giornata internazionale della donna, che si celebra l’8 marzo, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Luisa Carminati, femminista e attivista bergamasca, coinvolta in diverse associazioni e organismi istituzionali.
Il percorso verso l’ecofemminismo
Luisa Carminati ha raccontato come il suo impegno nel movimento femminista le abbia permesso di ampliare la sua visione su molteplici temi. La sua avvicinamento all’ecologia è iniziato in seguito al disastro di Seveso, avvenuto nel 1976, e all’incidente di Chernobyl del 1986. La lettura del libro “L’ecofemminismo in Italia”, scritto da Laura Cima e Franca Marcomin, ha fornito risposte a interrogativi che aveva fino ad allora. Carminati ha posto l’accento sulla necessità di prendersi cura non solo delle persone, ma soprattutto del territorio in cui viviamo, evidenziando il legame tra la cura dell’ambiente e quella delle comunità.
Il legame tra ecologia e femminismo
Carminati ha spiegato come l’ecologia e il femminismo abbiano trovato un terreno comune a partire dagli anni Settanta. Le associazioni ambientaliste, sviluppatesi nella seconda metà del XX secolo, hanno potuto realizzare il loro potenziale solo grazie all’incontro con il pensiero femminista. Questo legame è vincente perché il femminismo promuove una cura e un’attenzione verso tutto ciò che ci circonda: persone, animali e ambiente. Lavorare in sinergia per migliorare la qualità della vita è fondamentale, cercando il benessere senza compromettere la natura.
Il report «Global gender and climate alliance» ha evidenziato che l’80% delle persone sfollate a causa di eventi climatici estremi nel mondo sono donne. La crisi climatica non solo amplifica le disuguaglianze economiche, ma pone in evidenza anche una marcata disparità di genere. Carminati ha sottolineato che in ogni crisi, le donne sono le prime a perdere il lavoro e l’accesso ai servizi pubblici. Nei Paesi più poveri, a causa delle forti disuguaglianze, molte donne sono costrette ad abbandonare gli studi e a lottare per accedere a risorse primarie come cibo, acqua e cure sanitarie. La crisi climatica aggrava queste problematiche, relegando le donne in una posizione sempre più precaria.
Strategie per un futuro migliore
Per migliorare l’attenzione verso i temi ambientali e femministi, Carminati ha indicato che la partecipazione e la conoscenza sono le parole chiave. È fondamentale che i cittadini si interessino della propria città, sia attraverso gli organismi istituzionali che le associazioni locali. A Bergamo, in particolare, stanno emergendo reti di quartiere che favoriscono la partecipazione attiva. Conoscere il territorio in cui si vive è essenziale per comprendere come migliorare l’ambiente. Ogni individuo ha un ruolo da svolgere per garantire un presente e un futuro più sostenibili.
Il ruolo di Bergamo e delle sue istituzioni
Carminati ha riconosciuto che l’amministrazione comunale e molte associazioni, come Legambiente e Wwf, hanno fatto progressi significativi. Tuttavia, ha espresso la sensazione che ci sia ancora molto da fare. Ha menzionato la necessità di aumentare gli spazi verdi e di implementare politiche di mobilità serie per ridurre il traffico, sottolineando che l’aria che respiriamo è compromessa e non può più essere tollerata. Ha anche suggerito che la questione di genere dovrebbe permeare ogni assessorato, piuttosto che essere relegata a un assessorato specifico.
La nuova sindaca di Bergamo e le sue sfide
Luisa Carminati ha commentato l’elezione della prima sindaca di Bergamo, Elena Carnevali, avvenuta nel 2024, sottolineando che per apportare cambiamenti significativi servono anni di lavoro. Ha espresso la speranza che al termine del mandato ci siano risultati positivi da valutare. La presenza di una donna in un ruolo di leadership è vista come un segno di cambiamento profondo. Carminati ha sottolineato che non è scontato che tutte le donne in posizioni di potere adottino un approccio femminista nelle loro decisioni.
Nata nel 1944 e laureata in Scienze della Formazione all’Università di Bologna, Luisa Carminati ha avuto un percorso significativo come redattrice di una rivista per educatori e come promotrice del Consiglio delle Donne di Bergamo negli anni Settanta. Attualmente, per l’associazione Donne per Bergamo, si occupa di una scuola di alfabetizzazione per stranieri.