Il 13 marzo 2025, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha pubblicato uno studio che rivela un’importante novità riguardo al buco dell’ozono sopra l’Antartide. Secondo la ricerca, sostenuta dalla National Science Foundation e dalla NASA, il buco si sta chiudendo grazie alla significativa riduzione globale dei clorofluorocarburi (CFC), sostanze chimiche precedentemente responsabili della distruzione dell’ozono. Questo risultato, già anticipato in studi precedenti, è stato confermato per la prima volta con un alto grado di certezza statistica, grazie all’applicazione del metodo del “fingerprinting climatico”, sviluppato da Klaus Hasselmann, premio Nobel per la fisica nel 2021. Gli scienziati hanno affermato che c’è una fiducia del 95% sul fatto che il recupero dell’ozono sia attribuibile agli interventi umani e non a fattori naturali, come il vortice polare o El Niño.
La scoperta e le cause del buco dell’ozono
Il buco dell’ozono è stato identificato negli anni ’80, quando gli scienziati hanno osservato una riduzione significativa della concentrazione di ozono nella stratosfera sopra l’Antartide. A quel tempo, è emerso che la principale causa di questo fenomeno era l’emissione di CFC, utilizzati in diversi prodotti come refrigeranti e aerosol. Questi gas, una volta rilasciati nell’atmosfera, si accumulavano nella stratosfera e venivano scomposti dalle radiazioni solari, liberando cloro e altri elementi dannosi per l’ozono.
L’impatto del Protocollo di Montréal
Nel 1987, il Protocollo di Montréal ha introdotto restrizioni globali sull’uso dei CFC, portando a una drastica diminuzione delle loro emissioni. Lo studio del MIT ha dimostrato con una certezza del 95% che il recupero dell’ozono è direttamente correlato a queste misure, escludendo le fluttuazioni naturali come principale causa della chiusura del buco. Questo protocollo rappresenta un esempio di successo nella cooperazione internazionale per affrontare le problematiche ambientali.
Situazione attuale e previsioni future
Attualmente, gli scienziati stimano che, se le attuali misure di protezione dell’ozono continueranno, il buco potrebbe chiudersi completamente tra il 2040 e il 2060. Tuttavia, è fondamentale mantenere un monitoraggio costante per prevenire eventuali danni futuri causati da emissioni illegali di sostanze nocive. Questo progresso rappresenta un chiaro esempio di come azioni concertate possano portare a risultati concreti nella lotta contro i problemi ambientali.
Per ulteriori dettagli, è possibile consultare l’articolo originale pubblicato da MIT News.