
I giovani italiani mostrano una spiccata coscienza ecologica, ma si trovano spesso in difficoltà quando si tratta di tradurre questa consapevolezza in azioni concrete. In un contesto in cui il Pianeta sembra sempre più compromesso, l’ansia e il senso di impotenza prevalgono, rendendo difficile per loro impegnarsi attivamente nella salvaguardia dell’ambiente.
Cosa fanno (e cosa non fanno) i giovani per tutelare l’ambiente
Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) nel 2025, il 60,7% dei giovani sotto i 24 anni esprime preoccupazione per i cambiamenti climatici e l’inquinamento, un dato che supera il 57,1% degli over 55. Tuttavia, quando si analizzano le azioni pratiche, emerge un netto contrasto. Mentre il 71,4% della popolazione generale si impegna a risparmiare energia, solo il 51,6% dei giovani fa altrettanto, rispetto al 77,4% dei più anziani. Analogamente, il 68,8% della popolazione cerca di evitare lo spreco d’acqua, ma tra i giovani questa percentuale scende al 52,5%, mentre tra gli over 55 arriva al 74,7%.
Marcella Danon, ecopsicologa e docente di Ecopsicologia all’Università della Valle D’Aosta, sottolinea che non si tratta solo di mancanza di volontà. I baby boomer hanno vissuto un’infanzia più connessa alla natura, in un contesto rurale che ha favorito esperienze dirette con l’ambiente. Questo ha contribuito a creare un attaccamento emotivo verso la natura. Secondo Danon, senza un contatto diretto, è difficile sviluppare un senso di responsabilità verso l’ambiente. La teoria della biofilia di Edward O. Wilson sostiene che l’affiliazione emotiva alla natura è innata ma richiede stimoli esterni per manifestarsi. Dal 2004, Danon dirige Ecopsiché, una scuola dedicata all’ecopsicologia, per approfondire questi temi.
Una generazione paralizzata dal senso di impotenza
Mentre i baby boomer hanno vissuto in un periodo di stabilità e certezze, i giovani di oggi si trovano ad affrontare un’epoca di incertezze e precarietà. Questo scenario influisce sul loro approccio alla sostenibilità. Danon osserva che i giovani non hanno ricevuto gli strumenti necessari per gestire l’incertezza. In passato, esistevano più sicurezze, come il lavoro stabile e la fiducia nel progresso. Oggi, la mancanza di garanzie genera un forte senso di ansia, amplificato dalle problematiche ambientali che si intrecciano con le preoccupazioni legate alla società contemporanea.
Questa percezione di instabilità si riflette nelle scelte quotidiane. Se il mondo appare compromesso, azioni come il risparmio energetico o la raccolta differenziata possono sembrare insignificanti. Danon evidenzia che la mancanza di fiducia nel proprio potere di cambiamento rende difficile l’azione. I giovani sono informati e consapevoli, ma spesso si sentono bloccati da un profondo senso di impotenza.
Mobilità e consumi: dove i giovani fanno la differenza per l’ambiente
Nonostante le difficoltà, i giovani mostrano un atteggiamento più aperto verso pratiche sostenibili, soprattutto nella mobilità. Secondo i dati del 2025, il 29% degli under 24 utilizza i mezzi pubblici o la bicicletta, rispetto al 17% degli over 55. Questa evoluzione non riguarda solo la sostenibilità, ma anche la praticità: evitare il traffico e ridurre i costi sono vantaggi che rendono queste scelte più allettanti. Danon osserva che i giovani hanno interiorizzato le problematiche legate all’uso dell’auto, che per i boomer rappresentava un simbolo di indipendenza.
Le differenze si manifestano anche negli acquisti, con le donne che si dimostrano più attente alle scelte sostenibili. Il 41% delle donne legge le etichette dei prodotti, rispetto al 30% degli uomini, e il 16% predilige il biologico, contro il 12% degli uomini. Questa maggiore attenzione deriva da un retaggio storico e dal ruolo di cura che le donne continuano a ricoprire. Nelle società tradizionali, il loro ruolo era legato alla cura del cibo e dell’ambiente domestico, un’attitudine che si traduce oggi in una maggiore sensibilità ecologica.
Il livello di istruzione gioca un ruolo cruciale nella consapevolezza ambientale. I dati Istat mostrano che il 66% dei laureati si dice preoccupato per i cambiamenti climatici, rispetto al 53% di chi ha solo la licenza media. Non si tratta solo di preoccupazione; chi ha un’istruzione superiore ha anche più strumenti per discernere le vere politiche di sostenibilità dal greenwashing, e tende ad agire di conseguenza.