
La questione della decarbonizzazione in Italia, e in particolare in Calabria, si presenta come un tema cruciale nel 2025, in un contesto dove l’ecosistema e la biodiversità sembrano sacrificati sull’altare di un modello economico che privilegia la crescita a qualsiasi costo. La critica si concentra su un approccio che, invece di preservare l’ambiente, promuove un’industrializzazione sfrenata, minacciando l’equilibrio naturale e il tessuto sociale. La transizione energetica appare, quindi, come un progetto che, sebbene ambizioso, rischia di tradursi in una devastazione delle aree rurali e forestali.
Gestione della transizione energetica
La gestione della transizione energetica, affidata a grandi imprese e al mercato, ha portato a una progressiva trasformazione di territori storicamente agricoli in zone industriali dedicate alle fonti energetiche rinnovabili. Questo cambiamento ha avuto ripercussioni dirette sulla vita degli agricoltori, allevatori e degli operatori del settore turistico, costretti a lasciare le proprie terre. Le immagini di un futuro che ricorda Miami, proposte da figure come l’ex presidente Donald Trump, rivelano una visione pericolosa: quella di un’economia che ignora i diritti delle comunità locali in nome di un presunto interesse nazionale.
Profitto e benessere dei cittadini
Le recenti dichiarazioni di Trump, in un video che ha suscitato scalpore, evidenziano come il profitto venga anteposto al benessere dei cittadini. La logica di un’economia sacra, che non tollera ostacoli, si traduce in una guerra per l’accaparramento delle risorse, portando a una crescente insensibilità verso le conseguenze ambientali e sociali delle proprie azioni. Queste dinamiche non sono estranee alla situazione calabrese, dove i boschi, un tempo ricchi di biodiversità, vengono trasformati in aree cementificate, privando le comunità delle loro radici culturali e storiche.
Contesto normativo e tutele ambientali
Il contesto normativo italiano, sotto la pressione di governi come quello di Mario Draghi e Gilberto Pichetto Fratin, ha visto un progressivo allentamento delle tutele ambientali, giustificato da emergenze nazionali. Questo approccio, come sottolineato da esperti come Paolo Cacciari, rischia di sacrificare il paesaggio e l’ambiente in nome di una lotta contro il cambiamento climatico che, paradossalmente, si traduce in politiche che danneggiano ulteriormente gli ecosistemi. La Costituzione italiana, che tutela vari aspetti della vita sociale e ambientale, sembra essere violata da una logica di sviluppo che ignora le sue stesse fondamenta.
Salvaguardia del paesaggio e crisi ecologica
È essenziale sfatare il mito che la salvaguardia del paesaggio e la lotta al cambiamento climatico siano obiettivi inconciliabili. Rapporti annuali dell’ISPRA dimostrano che l’Italia potrebbe raggiungere gli obiettivi di produzione energetica senza compromettere ulteriormente il territorio, utilizzando terreni già degradati. Tuttavia, la crisi ecologica non può essere ridotta a una mera questione climatica; il problema è sistemico e richiede un approccio integrato che consideri anche la produzione di rifiuti e l’uso delle risorse naturali.
Transizione ecologica e partecipazione dei cittadini
La transizione ecologica, come auspicato dai padri costituenti, deve essere un processo che promuove una società più equa, in cui le rivendicazioni ambientali si intrecciano con le lotte sociali. È fondamentale che i cittadini possano partecipare attivamente alle decisioni riguardanti la rigenerazione degli ecosistemi e la conversione energetica. Solo così si potrà sperare in un futuro in cui il benessere delle persone e la salute del pianeta siano messi al primo posto, superando le logiche di sfruttamento che caratterizzano l’attuale modello di sviluppo.