
Nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 2025, un grave atto di vandalismo ha colpito il vigneto sperimentale dell’Università di Verona, situato a San Floriano, nella rinomata Valpolicella. Questo vigneto era dedicato allo studio delle piante di Chardonnay, sviluppate attraverso le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), un approccio innovativo volto a ridurre significativamente l’impiego di fitofarmaci, in particolare per combattere la peronospora, una delle patologie più dannose per la viticoltura.
Un grave episodio di vandalismo
L’incidente rappresenta un seguito di un episodio simile avvenuto nel giugno 2024, quando un campo sperimentale di riso modificato con la tecnologia CRISPR-Cas9 fu distrutto nel Pavese. Anche in quel caso, la ricerca si concentrava su metodi avanzati per sviluppare piante più resistenti alle malattie, con l’obiettivo di diminuire la necessità di trattamenti chimici.
Questi atti vandalici non solo danneggiano la ricerca scientifica, ma infliggono un duro colpo all’innovazione agricola e alla sostenibilità ambientale. Distruggere questi campi non equivale a “difendere la natura”, bensì rallenta il progresso verso un’agricoltura più pulita, con un impatto ridotto sull’ambiente e sulla salute umana.
Le tecniche di evoluzione assistita e il futuro dell’agricoltura
Le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), insieme alla tecnologia CRISPR-Cas9, offrono la possibilità di migliorare le piante in modo preciso e mirato, senza l’introduzione di DNA estraneo, come avviene con gli OGM tradizionali. Questi metodi replicano processi naturali, ma in tempi molto più rapidi.
L’obiettivo della ricerca distrutta a San Floriano e nel Pavese era chiaro: ottenere colture più resistenti alle malattie, riducendo drasticamente l’uso di pesticidi e trattamenti chimici. Ad esempio, la vite trattata con TEA avrebbe richiesto un numero significativamente inferiore di interventi contro la peronospora, una malattia fungina che costringe i viticoltori a effettuare numerosi trattamenti annuali, comportando costi elevati e un impatto ambientale considerevole.
Nel caso del riso modificato tramite CRISPR-Cas9, la ricerca si proponeva di migliorare la resistenza alle malattie principali che colpiscono questa coltura, contribuendo così a una diminuzione dell’uso di fungicidi e insetticidi. In entrambi i casi, la scienza avrebbe potuto garantire raccolti più sani, riducendo l’impatto dell’agricoltura sugli ecosistemi.
Un danno all’ambiente e alla ricerca scientifica
Coloro che hanno distrutto questi campi potrebbero aver creduto di “proteggere” l’ambiente o di opporsi a pratiche agricole industriali. Tuttavia, la realtà è ben diversa. Ostacolare la ricerca scientifica significa costringere gli agricoltori a continuare ad adottare tecniche tradizionali, caratterizzate da un uso intensivo di fitofarmaci per difendere le colture da malattie e parassiti.
Attualmente, senza varietà resistenti, una vigna situata in una zona umida deve essere trattata con prodotti chimici anche 10-15 volte all’anno per prevenire la devastazione causata dalla peronospora. Un riso non resistente ha bisogno di fungicidi per affrontare determinati patogeni. Se invece si potessero sviluppare piante naturalmente più robuste, il numero di trattamenti si ridurrebbe drasticamente, apportando un enorme beneficio all’ambiente.
In aggiunta, una minore quantità di pesticidi comporterebbe una diminuzione dell’inquinamento delle falde acquifere, un miglior equilibrio per gli insetti impollinatori e una riduzione dei rischi per la salute degli agricoltori che maneggiano questi prodotti chimici.
La continua opposizione alla scienza
Nonostante i vantaggi evidenti, la ricerca scientifica in ambito agricolo è frequentemente oggetto di attacchi, diffidenza e disinformazione. In Italia, la resistenza verso l’innovazione agronomica affonda le radici in una narrazione riduttiva che contrappone “naturale” e “artificiale”, senza considerare i dati scientifici.
I vandalismi a San Floriano e nel Pavese dimostrano come questa mentalità possa tradursi in azioni concrete che danneggiano il futuro dell’agricoltura sostenibile. È paradossale che chi afferma di voler difendere la natura distrugga ricerche destinate a ridurre l’uso della chimica in agricoltura.
La necessità di proteggere la ricerca
Questi eventi devono spingerci a una riflessione. È fondamentale tutelare il lavoro dei ricercatori e garantire che la scienza possa progredire senza essere ostacolata da ideologie o atti vandalici. È necessaria anche una maggiore informazione per contrastare la disinformazione su questi temi, poiché molti continuano a considerare le TEA e il CRISPR come “innaturali” o pericolosi, mentre potrebbero rappresentare la chiave per un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente.
Se l’obiettivo è davvero un futuro in cui l’agricoltura sia meno dipendente dalla chimica, la soluzione non è distruggere i campi sperimentali, ma piuttosto supportare la scienza e il progresso.