Così i pesticidi finiscono nei nostri piatti: il paradosso dei prodotti fitosanitari (e cosa dovrebbe fare l’UE)

L’Unione Europea, negli ultimi anni, ha vietato l’uso di diversi pesticidi e fitofarmaci ritenuti pericolosi per la salute umana e l’ambiente.

Tuttavia, ciò che molti non sanno è che questi prodotti, sebbene vietati all’interno dei confini dell’UE per l’utilizzo, possono ancora essere prodotti e esportati verso Paesi extra-UE.

Questa pratica ha dato vita a un fenomeno preoccupante soprannominato il “boomerang dei pesticidi”: sostanze tossiche prodotte in Europa vengono vendute legalmente altrove e poi ritornano indirettamente a noi attraverso l’importazione di alimenti trattati con tali sostanze.

Nonostante il divieto d’uso all’interno dell’Unione Europea, la produzione e l’esportazione di questi fitofarmaci rimangono legali. Alcuni Paesi membri hanno preso iniziative autonome per bloccare la produzione e l’esportazione di queste sostanze nocive; tra questi troviamo la Francia con un divieto già in atto e il Belgio che si appresta a seguirne le orme. La Germania sta anch’essa valutando misure simili.

Nonostante ciò, tali azioni rimangono isolate e non sufficientemente efficaci nel contrastare il problema su scala europea.

I pesticidi tossici

Tra i principali agenti chimici esportati figurano trifluralin, neonicotinoidi e propargite – tutti associati a gravi rischi sia per la salute umana sia per quella ambientale. Il trifluralin è noto per causare danni agli organismi acquatici oltre ad avere potenziali effetti cancerogeni sugli esseri umani; i neonicotinoidi sono stati collegati al declino globale degli impollinatori come le api; mentre il propargite può provocare disturbi neurologici gravi oltre ad essere estremamente dannoso per gli organismi acquatici.

Il rischio dei pesticidi (BioPianeta.it)

Secondo un’inchiesta condotta da Greenpeace UK nel 2020, l’Italia si posiziona come il secondo maggiore esportatore mondiale di fitofarmaci tossici vietati dopo il Regno Unito. Circa 9.500 tonnellate delle esportazioni italiane sono costituite da dieci diversi prodotti agrochimici destinati a paesi con normative meno restrittive sull’utilizzo dei pesticidi.

Queste pratiche sollevano questioni etiche significative riguardanti non solo la salute pubblica ma anche le responsabilità ambientali globalmente condivise. Mentre alcuni Paesi dell’UE stanno cercando di limitare o eliminare del tutto questa pratica controversa, è chiaro che una soluzione efficace richiederebbe un impegno concertato su scala europea.