La questione delle concessioni balneari in Calabria è un tema che da anni suscita dibattiti e controversie.
La normativa europea, in particolare la direttiva Bolkenstein, ha cercato di regolamentare il settore imponendo regole chiare per l’assegnazione delle concessioni attraverso gare pubbliche aperte a tutti gli operatori europei.
Tuttavia, la pratica in Italia ha spesso deviato da questi principi, generando non poche polemiche.
La situazione italiana relativa alle concessioni balneari si inserisce in un contesto più ampio che vede differenti approcci a livello europeo. Paesi come la Francia e la Spagna hanno adottato politiche volte a mantenere ampie porzioni di costa libere da strutture fisse o hanno impostato sistemi di licenze temporanee per garantire maggiore rotazione e accessibilità.
L’Italia invece continua a navigare in acque turbolente con proroghe legislative che si scontrano con i principi dell’Unione Europea.
Di fronte a questo panorama complesso emergono anche le voci degli attivisti che chiedono una maggiore tutela dell’accessibilità pubblica alle spiagge. Il Coordinamento nazionale Mare libero APS (CoNaMaL) rappresenta uno dei movimenti più attivi nella richiesta di liberare le spiagge dalla gestione privata esclusiva e restituirle alla fruizione collettiva gratuita.
Le loro azioni mirano a sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sulla necessità di rivedere le politiche relative alle concessioni balneari affinché il diritto al libero accesso alle coste sia effettivamente garantito per tutti i cittadini.
Concessioni balneari: decisione della Calabria
Recentemente, la Regione Calabria ha preso una posizione che sembra allontanarsi ulteriormente dalla direttiva Bolkenstein.
Con una delibera regionale, infatti, si è deciso di superare le normative comunitarie sull’assegnazione delle concessioni balneari. Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha sottolineato come solo il 13% delle spiagge calabresi sia attualmente concesso in gestione dai comuni e come quindi l’87% rimanga libero e disponibile per nuove concessioni a fini turistico-ricreativi.
Questa mossa da parte della Calabria solleva diverse questioni riguardanti il rispetto delle normative europee e l’impatto sulle politiche di gestione del territorio costiero.
Da un lato, si potrebbe interpretare come un tentativo di valorizzare maggiormente le risorse locali attraverso una gestione più diretta e flessibile delle spiagge; dall’altro lato, però, emerge il rischio di un ulteriore allontanamento dalle direttive comunitarie che mirano a garantire trasparenza e pari opportunità nell’accesso alle concessioni.
La decisione della Regione Calabria apre nuovi scenari nel già complesso dibattito sulle concessioni balnearie in Italia. Tra necessità locali specifiche ed esigenze di conformità ai dettami europei si profila un cammino ancora incerto verso una gestione equilibrata del patrimonio costiero italiano.