L’Italia tra le ultime in UE nel campo eolico: perché non si investe più e quanto costerà questo ritardo
L’Italia si trova in una posizione di ritardo rispetto al resto dell’Europa per quanto concerne gli investimenti nel settore eolico.
Questo articolo mira a esplorare le ragioni di tale situazione, analizzando la crescita delle energie rinnovabili, con un focus particolare sull’eolico, e i fattori che frenano lo sviluppo di questa fonte energetica nel nostro paese.
Negli ultimi anni, il settore delle energie rinnovabili ha registrato una crescita esponenziale, grazie anche agli incentivi promossi dal governo italiano.
Tra le varie fonti di energia rinnovabile, l’eolico gioca un ruolo cruciale nel mix energetico italiano ed europeo. Nonostante i progressi degli ultimi anni, l’Italia rimane indietro rispetto ad altri paesi europei per quanto riguarda gli investimenti in questo settore.
Mentre ci sono ancora molte sfide da affrontare per recuperare terreno sugli altri paesi europei nel settore dell’eolico, i recenti sviluppi offrono speranza per un futuro più verde ed efficiente dal punto di vista energetico in Italia.
L’Italia e il ritardo negli investimenti eolici: una panoramica
Secondo l’ultimo report di Legambiente Global Wind Day (GWD), l’Italia occupa la 18esima posizione in Europa con circa 11 GW di capacità installata eolica. Questo dato colloca il nostro Paese ben al di sotto della media sia europea che mondiale. Tuttavia, non mancano segnali positivi: secondo GWD, l’Italia è decima nella classifica dei Paesi europei per nuove installazioni nell’ultimo anno e quarta per la capacità cumulativa offshore.
Le principali cause del ritardo italiano nel settore sono attribuibili alla scarsa ambizione degli obiettivi nazionali ed europei da parte dei governi italiani precedenti; alla mancanza di regole chiare a sostegno dello sviluppo dell’elettricità pulita; alla presenza diffusa degli interessati alle vecchie fonte fossili nei processi decisionali; ai lunghi tempi burocratiche; alla mancanza della pianificazione territoriale adeguata; alla scarsità degli incentivi economiche previsti dalla normativa vigente.
Recentemente sono emersi alcuni segnali positivi dal governo Draghi che sembrano indicare una maggiore attenzione verso lo sblocco degli investimenti nell’elettricità pulita. Tra le misure introdotte figurano l’aumento delle tariffe incentivanti fino al raggiungimento dei target fissati dall’Unione Europea e la chiusura anticipata dei vecchi impianti termoelettrici. Inoltre, grazie allo sfruttamento delle tecnologie più moderne come quelle offshore e ibride onshore-offshore nelle aree costiere italiane caratterizzate da ventosità elevata ma scarsamente popolate oltreché da grave profondità marina fuori dai conflitti paesaggistici, ci sono grandi prospettive per lo sviluppo futuro dell’elettricità pulita prodotta dall’eolico.