Inquinamento

La crisi del Mar Rosso sta uccidendo il pianeta: il trucco per aggirare i pirati è estremamente inquinante

L’impatto della crisi del Mar Rosso non riguarda solo sicurezza marittima, ma anche il benessere ambientale del nostro pianeta.

Nel panorama globale delle rotte commerciali marittime, il Mar Rosso è sempre stato un corridoio di vitale importanza, facilitando il trasporto di beni tra l’Europa e l’Asia attraverso il Canale di Suez. Questa rotta è nota per il ruolo chiave nel sostenere le economie di molti Paesi, ma i recenti eventi geopolitici hanno trasformato questa arteria commerciale in una zona di crisi.

crisi del mar rosso uccide il pianeta
La crisi del Mar Rosso ha trasformato una rotta commerciale vitale in una zona ad alto rischio – biopianeta.it

Come sempre accade in queste situazione, le ripercussioni significative si verificano sia per la sicurezza marittima, sia per l’ambiente. Le acque del Mar Rosso sono oggi molto più agitate di quanto non lo fossero appena un anno fa. Militanti armati attaccano continuamente le navi commerciali, rendendo spesso necessari cambi di rotta per evitare le zone a rischio.

Queste deviazioni stanno però avendo un impatto sorprendentemente negativo sull’ambiente. Le soluzioni adottate dagli operatori marittimi, pur essenziali per mantenere in movimento il commercio globale, stanno paradossalmente contribuendo a un problema ancor più grande: l’aumento delle emissioni di gas serra.

Deviazioni pericolose ed estremamente costose: il Mar Rosso è sempre più inquinato

La crisi del Mar Rosso ha costretto le compagnie di navigazione a rivedere drasticamente le loro rotte usuali. L’aumento degli attacchi da parte dei militanti Houthi, sostenuti dall’Iran, ha reso particolarmente pericoloso il passaggio attraverso il sud dello specchio d’acqua, spingendo molte compagnie a optare per percorsi alternativi più lunghi.

rotte più lunghe e costose nel mar rosso
Gli attacchi dei militanti Houthi hanno costretto le navi a deviare su rotte più lunghe – biopianeta.it

Questi nuovi itinerari hanno la naturale conseguenza di aumentare il tempo di viaggio tra Asia ed Europa di 10-14 giorni, un aspetto che già da solo comporta uno spreco di carburante molto più significativo. Oltre a questo, però, questi percorsi più lunghi richiedono anche l’impiego di ulteriori navi per mantenere la frequenza dei servizi, con conseguenze dirette sull’aumento delle emissioni di anidride carbonica.

Il settore delle spedizioni marittime, che rappresenta quasi il 3% delle emissioni globali di CO2, si trova quindi di fronte a una sfida significativa. La necessità di integrare almeno due ulteriori navi per ciascun servizio settimanale Asia-Europa sta incrementando notevolmente le emissioni totali.

Secondo Yiannis Parganas, capo del dipartimento di ricerca dell’intermediario navale Intermodal, l’estensione dei tempi di viaggio e l’aumento della flotta in uso potrebbe risultare in un aumento del 42% delle emissioni per nave per i servizi standard Asia-Nord Europa.

Le proiezioni di Niels Rasmussen, analista capo delle spedizioni per BIMCO, confermano questa tendenza ed evidenziano un aumento dell’8-10% nell’uso delle navi porta-container rispetto all’anno precedente, con un corrispondente aumento delle emissioni.

Se le interruzioni persistono, comprese quelle nel Mar Rosso e nel Canale di Panama, le emissioni potrebbero aumentare fino all’11%, raggiungendo i 257 milioni di tonnellate nel 2024, come stimato dalla società di consulenza AlixPartners

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