Tachicardia e reflusso, il legame che molti ignorano: come risolvere entrambi con una sola mossa
C’è un collegamento sconosciuto a molti: quello tra tachicardia e reflusso. Esiste però una soluzione per risolverli tutti e due con una mossa sola.
Quello tra tachicardia e reflusso gastroesofageo è un legame ignorato dai più. Eppure molte persone, soprattutto dopo aver consumato un pasto, lamentano entrambi. Naturalmente può benissimo essere che le due condizioni siano indipendenti e ognuna abbia una sua causa specifica. Ma a volte può esserci invece un collegamento.
In particolare il reflusso gastroesofageo può facilitare quella che è nota come “tachicardia parossistica”. Si tratta di un aumento della frequenza cardiaca avvertito dalla persona senza però che l’elettrocardiogramma riesca a rilevarlo al momento dell’esame.
La tachicardia – ovvero l’accelerazione del battito cardiaco – provoca a chi ne soffre l’inquietante sensazione di “avere il cuore in gola”. Può inoltre portare alla sensazione di non avere fiato e a una oppressione persistente al petto. In alcuni casi all’origine della tachicardia possono esserci dei problemi di salute. Uno di questi è appunto il reflusso gastroesofageo.
Quel legame sconosciuto tra tachicardia e reflusso: ecco come rimediare secondo gli esperti
Il reflusso gastroesofageo può far aumentare il battito del cuore. Questa patologia consiste in una risalita del contenuto acido dello stomaco nell’esofago attraverso il cardias, la valvola che separa questi due organi. A favorire il reflusso possono esserci degli eccessi a tavola, un regime alimentare malsano, l’obesità o l’ernia iatale.
Il reflusso causa la pirosi, ovvero il bruciore dietro lo sterno e l’acidità nella bocca, insieme al rigurgito di cibo. Questa situazione può essere favorita anche dall’ansia e da cattive abitudini come quella di mangiare troppo rapidamente e masticare poco il cibo. In questo modo lo stomaco va a premere sul diaframma il quale, a sua volta, fa pressione sul cuore favorendo l’alterazione del ritmo cardiaco e dunque anche la tachicardia.
L’elettrocardiogramma non rileva però la tachicardia causata dal reflusso gastroesofageo. Quando si sospetta un collegamento perché il problema si presenta dopo mangiato meglio sottoporsi a un holter cardiaco (che rileva la tachicardia) accompagnato a una pHmetria (in grado di rilevare il reflusso) nelle 24 ore.
Come curare il reflusso aiuta a risolvere la tachicardia
In questi casi la cura del reflusso gastroesofageo può andare a risolvere, totalmente o parzialmente, anche la tachicardia. Lo spiega alla Gazzetta dello Sport il professor Luigi Bonavina, ordinario di Chirurgia all’Università degli Studi di Milano e presidente dell’Aires (Associazione Italiana Ricerca Esofago), oltre che responsabile dell’Unità di Chirurgia Generale Universitaria e del Centro Esofago dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano.
Chi soffre di reflusso gastroesofageo, sottolinea l’esperto, deve «modificare lo stile di vita». Prima di tutto è fondamentale «mangiare piano, masticare accuratamente e limitare la quantità di cibo». Ci sono poi le «tisane a base di finocchietto selvatico e malva [che] aiutano a rilassarsi e combattono l’aerofagia postprandiale».
Anche i «farmaci inibitori della pompa protonica» possono ridurre in maniera significativa intensità e frequenza delle crisi di tachicardia. In alcuni casi selezionati può essere necessario poi un intervento chirurgico anti-reflusso. Talvolta, afferma poi il professore Bonavina, «può essere utile associare piccole dosi di betabloccanti». Molto utile anche la ginnastica diaframmatica. Se al reflusso gastroesofageo si associa la tachicardia è fondamentale anche un controllo cardiologico specialistico. E anche se gli accertamenti non dovessero far emergere nulla di preoccupante per il cuore, è ad ogni modo consigliato praticare un’attività fisica amatoriale.