Una variante mortale spaventa la comunità scientifica, gli esperimenti hanno rivelato qualcosa di impressionante
Il COVID continua a spaventare in ottica futura, anche se le varianti attualmente in circolazione sembrano aver perso di intensità non sembra che sia il caso di abbassare la guardia.
In questo ultimo inverno i casi di COVID non sono di certo diminuito, il picco dei contagi lo abbiamo raggiunto proprio in questo periodo ma la buona notizia è che a scendere è sicuramente il tasso di mortalità legato a questi. Se le varianti che stanno colpendo il nostro paese attualmente possono essere equiparate in pericolosità alle solite influenze stagionali, dall’altra parte del mondo sale invece la preoccupazione per una scoperta che nessuno avrebbe mai voluto fare ma che purtroppo è stata fatta.
Nuova variante Covid, lanciato l’allarme dagli esperti
Sembra un film già visto e proprio per questo motivo sono molti a puntare il dito contro la recente sperimentazione cinese, la ricerca però è importante per prevenire ed in caso essere pronti a curare nuovo ceppi di virus che si affacciano all’orizzonte.
Uno di questi è il GX_P2V, una variante del classico COVID studiata attualmente a Pechino e dal tasso di mortalità estremamente alto. Il virus è stato isolato già nel 2017 dopo essere stato evidenziato su dei pangolini della Malesia, ma dopo essere stato testato su dei “topi umanizzati“, ovvero modificati per esprimere il recettore ACE2 umano, ciò che è venuto fuori ha spaventato tutti.
Il virus GX_P2V non è proprio lo stesso identico virus isolato nei pangolini, dopo la sua conservazione in laboratorio questo ha infatti mutato adattandosi alla cultura cellulare. L’adattamento potrebbe dunque aver creato un virus più potente del suo ceppo madre, di fatto tanto potente da uccidere tutte le cavie utilizzate in soli 8 giorni.
L’evento non è da sottovalutare perché la morte del totale dei topi infettati è avvenuta in maniera molto più rapida di quanto accade per altri virus considerati fino ad oggi più pericolosi del COVID, ad essere colpito sembra poi essere stato soprattutto il cervello dei roditori, nel quale si è evidenziata la carica virale massima. Stando a quanto già visto sono molte le persone che hanno ad oggi puntato il dito contro lo studio, anche membri illustri della comunità scientifica come il dott. Gennadi Glinsky di Stanford che ha definito tale sperimentazione una vera e propria “follia”.
Mentre l’origine stessa del COVID non è ancora stata chiarita, il mondo continua a giocare pericolosamente con i virus, questo è per ora ciò che è emerso, una questione che di sicuro non può farci dormire sonni tranquilli e che continua a suscitare moltissimi interrogativi.