Oltre a essere molto inquinanti e pericolosi per la salute e per l’ambiente, questi siti sono anche parecchio costosi: una spesa sempre più insostenibile
Sono strutture obsolete e molto dannose per le persone che abitano vicino ad esse, anche perché il numero di morti per tumore in questi luoghi sono terrificanti. Fino al novembre del 2021, Ilgiornaledell’ambiente.it contava 2.140 decessi per via dell’Ilva di Taranto, mentre Civonline.it parla spesso di Civitavecchia, altra città martoriata dalla centrale termoelettrica, la quale ha causato la più alta percentuale di mortalità riguardante il cancro registrata in tutto il comprensorio.
Solo per questo motivo, quindi, abbandonare tali obsolete e fatiscenti strutture è una via da seguire il prima possibile. Per troppi anni i cittadini delle città che le ospitano si sono ritrovati a dover sacrificare la propria salute per poter portare corrente a tutto il Paese. Questi sono solamente alcuni dei siti che in Italia inquinano in maniera smisurata, in cui i cittadini che ci vivono sono divisi fra l’interesse ad avere una possibilità occupazionale maggiore e la voglia di evitare dei danni salutari che possono divenire anche tragici.
Di recente, l’Agenzia europea per l’ambiente ha svolto una ricerca in merito ai danni che l’industria ha provocato su tutto il vecchio continente. Per quanto riguarda l’Unione europea, il costo sul Pil è del 2% e alcuni fra gli impianti peggiori esistenti si trovano proprio nel nostro Paese.
Un tipo d’industria non più sostenibile
Fino a ora non abbiamo minimamente parlato dei cambiamenti climatici causati in gran parte proprio da queste strutture obsolete. Ora che la questione sta divenendo sempre più critica, specie per via dei più evidenti e catastrofici eventi atmosferici estremi, alcuni governi sono chiamati a dare una risposta rapida sulla questione. Inoltre, le 107 aree industriali presenti nell’Ue (1%), su 100 mila presenti in tutto il continente, creano dei costi che variano dai 277 ai 428 miliardi di euro ogni anno.
Una spesa che sta divenendo sempre più insostenibile e le linee guida di tutti i Paesi facenti parte dell’Unione è quella di eliminare tali strutture. Dal 2012, infatti, le spese si sono ridotte del 33%, grazie alla nascita di tecnologie sempre più all’avanguardia ed ecologiche. In tal senso, anche le emissioni sono diminuite, dato che “il settore energetico, fra gli altri, ha rappresentato la maggioranza (di circa l’80%) della diminuzione sul totale”, ha affermato tramite una nota l’Agenzia europea per l’ambiente.
Fra i siti più inquinanti nel nostro Paese, però, ve ne sono ancora molti che costano sulle tasche degli italiani miliardi di euro. Primi fra tutti ci sono quello di Civitavecchia (Roma), con la centrale di Torrevaldaliga nord, quello di Taranto, con l’ex Ilva, quello della Sardegna, con le raffinerie di Saras a Sarroch, ma anche gli impianti della Esso di Augusta (Sicilia) e dell’Eni di Sannazaro de’ Burgondi (Pavia) non sono da meno.