Se hai avuto questa operazione c’è il 52% di rischio in meno di sviluppare il Parkinson
Una scoperta molto importante arriva nella costante lotta della scienza contro la malattia neurodegenerativa del Parkinson
Il Parkinson è una terribile malattia neurodegenerativa che, al momento, non ha una cura definitiva. Per questo, quando insorge in un paziente, crea grande stato d’angoscia anche in chi dovrà assistere la persona malata. Oggi la scienza ci dice che, chi ha subito una determinata operazione, potrebbe avere oltre il 50% di rischio in meno di sviluppare il male. Una malattia che colpisce il nostro cervello, facendo degenerare lo stato di salute delle cellule e portando, quindi, a problematiche di tipo motorio e psicologico.
Il sintomo più visibile della malattia di Parkinson è il tremore, incontrollato e ingiustificato, che, nei casi più gravi, rende invalidante sostanzialmente ogni attività quotidiana. Ma non mancano i sintomi di natura psicologica, come ansia e depressione. Una condizione che, evidentemente, fiacca anche chi assiste la persona malata di Parkinson, che assiste al declino, lento, ma inesorabile. Una malattia subdola, dato che, con l’insorgenza dei sintomi, significa che è già in una condizione molto avanzata.
Il 52% di rischio in meno di sviluppare il Parkinson
Oggi la scienza ci dice che la malattia del Parkinson potrebbe avere origine nell’appendice, scoprendo quindi che coloro che hanno subito la rimozione dell’organo hanno meno probabilità di sviluppare la condizione. Ricercatori in Belgio e negli Stati Uniti hanno esaminato le cartelle cliniche di circa 25.000 pazienti affetti da Parkinson per determinare se i problemi intestinali potessero essere un segnale di allarme della malattia neurodegenerativa.
Hanno scoperto che i pazienti che soffrono di stitichezza e sindrome dell’intestino irritabile avrebbero il doppio delle probabilità di sviluppare il Parkinson rispetto a quelli senza questi sintomi. Tuttavia, i risultati hanno anche suggerito che coloro che hanno avuto l’asportazione dell’appendice avrebbe il 52% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di malattia neurodegenerativa.
L’appendice, dunque potrebbe essere l’origine del Parkinson, anche se sono necessari ulteriori studi per confermare questa scoperta. L’ultimo studio suggerisce che l’appendice potrebbe essere una fonte di alfa-sinucleina mal ripiegata. La proteina si trova nel cervello, nel cuore e nei tessuti muscolari. Ma può formare grumi tossici che si ritiene aiutino la diffusione del Parkinson.
Si tratta di un punto di partenza molto importante, che andrà ulteriormente investigato, perché capire come e perché i problemi intestinali compaiono nelle prime fasi del Parkinson potrebbe aprire opportunità per la diagnosi precoce e approcci terapeutici mirati all’intestino per migliorare i sintomi e persino rallentare o arrestare la progressione della condizione.