Alla Cop15 sulla biodiversità è stato raggiunto un accordo storico, per la prima volta, che prevede la tutela del 30% degli ecosistemi mondiali entro il 2030. La XV Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite ha portato all’approvazione di un importantissimo documento. L’obiettivo è migliorare e ripristinare, tra gli altri, foreste pluviali, aree marine e zone umide.
Il 19 dicembre 2022 si è conclusa la Cop15 sulla biodiversità che si è tenuta a Montréal, in Canada. Il documento finale ha previsto il raggiungimento di un accordo storico. Si tratta della prima volta, infatti, che la maggior parte dei Governi del mondo prendono una decisione unanime in merito ad obiettivi che riguardano la tutela della natura. L’accordo è stato chiamato formalmente Kunming-Montréal Global Biodiversity Framework. Si tratta di un primo passo per ripristinare il rapporto tra uomo e natura. E come ha dichiarato il Ministro dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada, Steven Guilbeault, tale accordo è un “coraggioso passo avanti per proteggere la natura“.
Il documento finale della Cop15
Nello storico accordo i Governi si impegnano, oltre a ripristinare e migliorare il 30% degli ecosistemi naturali entro il 2030, anche a bloccare la grave perdita di specie, definita come la sesta estinzione di massa in corso. Conseguenze causate dall’attività dell’uomo, che ora s’intendono arginare. Nel documento anche la previsione della tutela della diversità genetica delle specie e l’utilizzo sostenibile della biodiversità e degli habitat naturali. In primo piano emerge anche il maggior rispetto nei confronti delle popolazioni indigene con una distribuzione equa di beni primari e medicine. Approvate anche azioni che possano mettere un freno a finanziamenti che potrebbero avere un impatto ambientale negativo.
Nel concreto si parla del ripristino di ecosistemi interni (come le foreste pluviali) e costieri (come le zone umide e gli oceani). Si è deciso, inoltre, di rivalutare 500 miliardi di dollari di sussidi dannosi per gli ecosistemi. In merito ai fondi, è bene sottolineare che si sono create delle discrepanze con alcuni paesi dell’Africa. Come riporta il sito Fanpage, l’accordo finale della Cop15 presentato dalla Cina sembra abbia subito un fermo, prima dell’annuncio, da parte della Repubblica Democratica del Congo. I motivi del disaccordo sembrano essere derivati dall’assenza di un fondo per la biodiversità, da accompagnare al, già esistente, Global Environment Facility (GEF) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Le polemiche sui fondi
Per diversi paesi africani, infatti, risultava necessaria l’istituzione di più fondi. Ma tale richiesta non pare aver raggiunto l’approvazione del Ministro cinese che ha considerato chiusa la plenaria con il documento già elaborato. Come ha riportato il Guardian, i rappresentati di Camerun, Ugana e Repubblica Democratica del Congo si sarebbero dimostrati increduli rispetto all’approvazione del documento finale. Considerandolo, addirittura, un atto di prevaricazione.
Nonostante le polemiche, che sicuramente meritano di essere attenzionate, l’accordo raggiunto rappresenta un vero e proprio nuovo passo verso la tutela della biodiversità. Fondamentale per tutti gli esseri viventi e, fino ad oggi, sottovalutata. Infatti, basti pensare che attualmente sono circa 1milione le specie minacciate dall’impatto antropico. Secondo uno studio condotto dall’Università delle Hawaii, in 500 anni, l’uomo avrebbe contribuito alla perdita di 260mila specie. A fronte di questo, dunque, l’importante accordo raggiunto alla Cop15 rappresenta un passo che merita di essere considerato.