Il dramma delle api lombarde: oltre 10 milioni di esemplari non tornano agli alveari
Spesso noi umani tendiamo a dare moltissime cose per scontate. Pensiamo ad esempio alla prima colazione ed al momento in cui aggiungiamo un cucchiaino di miele alla nostra bevanda mattutina. Questo non è finito all’interno del barattolo per magia, ma grazie alla dedizione al lavoro di esperti apicoltori. Questi ultimi sono proprio la categoria di cui vogliamo parlare quest’oggi. Negli ultimi giorni, soprattutto nel contesto lombardo, moltissime api non hanno fatto ritorno nei loro alveari di riferimento.
La denuncia viene addirittura da Greenpeace, ad una settimana precisa da quella che è la giornata internazionale delle api del 20 maggio. Nella zona compresa tra le province lombarde di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia, già dalla fine di marzo, gli alveari sono rimasti spopolati per cause apparentemente sconosciute. La realtà, purtroppo, è ben diversa.
Più rispetto per le api
Secondo una stima fornita da Apilombardia, nel totale dei 600 alveari interessati al fenomeno, mancherebbero all’appello qualcosa come 10 milioni di api. Come dicevamo, almeno in linea teorica questo processo non ha ancora una spiegazione. Provoca certamente un sorriso amaro che, in corrispondenza temporale a questo spopolamento è iniziata la semina del mais nella medesima zona lombarda. Quest’ultima prevedeva l’utilizzo di sementi trattate con pesticidi.
Le sostanze chimiche, aiutate dal vento, riescono a raggiungere anche la vegetazione spontanea limitrofa ai campi da seminare, abitualmente bottinata dalle api addette alla produzione di miele. Al di là della produzione di questo bene primario che è in netto calo, ad essere messo in discussione è proprio il poco rispetto che questi animali ricevono.
Federica Ferrario, responsabile Agricoltura di Greenpeace Italia, ha detto: “Oltre alla perdita di bottinatrici, si è osservata la nascita di nuove api sottodimensionate e con una aspettativa di vita e di attività ridotte, che non solo ha precluso la possibilità di produrre miele nella fase più importante dell’annata apistica, ma che rappresenta un acuto segnale di allarme per tutta la biodiversità della zona”.
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