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Moda e ambiente: la Circular Fashion Partnership parte dal Bangladesh

In quest’ultimo periodo abbiamo spesso discusso circa l’importante ruolo che la moda assume in ciò che concerne la salute del nostro Pianeta. Nonostante l’industria della moda infatti possa risultare non responsabile per l’inquinamento ambientale, purtroppo non è affatto così. Gli scarti che gli indumenti producono e le varie sostanze rilasciate dalle fabbriche di tessuti sono altamente pericolosi per il nostro Pianeta. La Circular Fashion Partnership è un’iniziativa promossa da poco che mira proprio a risolvere quelli che sono i problemi insiti nell’industria sopracitata.

La Circular Fashion Partnership nasce solo poco tempo fa grazie al lavoro della danese Global Fashion Agenda e la collaborazione del Partnering for Green Growth con The Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association. A queste associazioni, nate con un intento nobile e ben preciso si sono poi uniti importanti produttori che lavorano nell’industria della moda.

In passerella con abiti riciclati

Qual è l’obiettivo di questa iniziativa? Tutti coloro che hanno deciso di aderire a questo progetto promuovono un sistema circolare della moda. Ciò ovviamente partirà proprio dai quei paesi che sono i maggiori produttori di abbigliamento: la Cina, ma soprattutto il Bangladesh. La Circular Fashion Partnership mira infatti al riciclo di tutti i tessuti rimasti inutilizzati e rimasti in stock, così come anche degli abiti stessi.

Questo tipo di riciclo promosso dalla Circular Fashion Partnership promuove quindi il riutilizzo di materiale che altrimenti andrebbe buttato o peggio disperso in mare. Inoltre è ovviamente incrementato l’utilizzo di fibre tessili riciclate attraverso processi non dannosi per l’ambiente. Il Bangladesh, come primo paese coinvolto, potrebbe diventare uno dei leader mondiali della moda green. Ovviamente l’iniziativa attualmente concentra tutte le sue energie sul Bangladesh, ma in futuro spera di iniziare ad operare anche in altre zone del nostro Pianeta.

 

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