Quando si parla di ambiente e soprattutto di inquinamento, si fa spesso riferimento agli Accordi di Parigi del 2015. Il goal fondamentale che questi hanno prefissato è stata la limitazione dell’incremento delle temperature entro 1.5° rispetto agli standard pre-industriali nel prossimo futuro. Questi purtroppo sono risultati fondamentalmente carta straccia: a distanza di 5 anni da Parigi la strada della riduzione delle emissioni è molto più che tortuosa.
Secondo una ricerca svolta dall‘Università di Washington e pubblicata su Communications Earth & Environment peraltro gli standard “imposti” non sarebbero affatto sufficienti: per restare sotto la soglia dei 2° di aumento entro il 2100, bisognerebbe ridurre le emissioni dei gas serra dell’80% in più rispetto a ciò che si è deciso a Parigi. Secondo un calcolo statistico dello stesso pool di esperti infatti le probabilità che si riesca a rimanere entro i suddetti limiti, ai ritmi odierni, sono pari al 5%. Il lato positivo è che parliamo esclusivamente di stime: nulla vieta dunque di ribaltare la situazione grazie a politiche realmente incentrate su una risoluzione efficace. Realisticamente parlando però siamo, come si suol dire, sull’orlo del precipizio.
L’uomo è artefice del proprio destino
Un’altra ricerca molto interessante che vede come protagoniste le emissioni del futuro è quella coordinata dall’University College di Londra e pubblicata recentemente su Lancet. In questo caso il focus è spostato sulle vite umane che risparmieremmo al destino più nefasto se solo ci allineassimo agli obiettivi stabiliti a Parigi.
Se l’aumento delle temperature riuscirà ad essere calmierato, entro il 2040 potremmo salvare la vita a più di 1.6 milioni di persone residenti nei 9 paesi che contribuiscono al 70% delle emissioni di gas serra mondiali ogni anno. Insomma, quelli che vi abbiamo appena raccontato non sono certo numeri da sottovalutare. La palla è completamente nelle mani della nostra specie: i latini direbbero homo faber ipsius fortunae.
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