Barche e reti da pesca minacciano le aree marine protette: l’indice tocca il 70%
Il tema della protezione delle aree marine torna a far discutere ardentemente tutti coloro che si occupano di tale questione. Il fatto che le autorità abbiano a cuore la preservazione delle peculiarità ecosistemiche di alcune aree considerate patrimonio naturale non può che renderci per una volta orgogliosi del comportamento umano. Se infatti non è possibile pretendere un’attività di controllo sulla totalità delle acque, si da per assunto che ciò avvenga quantomeno all’interno delle aree marine considerate protette.
Purtroppo invece questa certezza è messa in forte discussione da alcuni dati che ci sono capitati sotto mano. La Ong Oceana ha infatti pubblicato un rapporto in cui vengono prese in esame tutte le 3449 aree marine protette presenti nei mari dell’Unione Europea. Selezionando 13 parametri di rischio tra cui reti da pesca e residui di carburante delle imbarcazioni, circa il 70% di questi spot risulta minacciato.
Molte aree non sono poi così protette
Nonostante l’attestazione di un focus volto alla preservazione dunque, anche le aree protette sono vittime dei comportamenti umani. Nella maggior parte dei casi ad essere coinvolto è esclusivamente uno dei 13 parametri. Oceana riporta però dei numeri allarmanti rispetto ad alcune zone marine situate tra Gran Bretagna e Paesi Bassi. I due paesi infatti presentano almeno un sito che ha a che fare con 12 dei suddetti pericoli.
La minaccia più corposa è scaturita dal traffico marittimo e dal poco rispetto che i naviganti hanno dell’ambiente circostante. Tanto per fare un esempio, una rete da strascico è in grado di inficiare su una barriera corallina rendendo il danno irreparabile.
Attenzione dunque a dare per scontato che le aree protette siano esenti da minacce antropiche. Nonostante sulla carta queste dovrebbero essere dei veri e propri paradisi naturali, l’uomo riesce a non smentirsi mai.
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