Quando mangiamo pesce seduti a tavola con i nostri parenti siamo tutti un po’ più contenti. Il sapore inconfondibile infatti, assieme alla bravura del cuoco, costituiscono una sicurezza con pochi rivali nel mondo culinario. Se pensate però che ogni animale squamato che assaporate sia pescato in mare aperto la mattina stessa, vi sbagliate di grosso. Moltissimi di questi provengono da allevamenti ittici industriali: il fabbisogno mondiale altrimenti non verrebbe soddisfatto.
Negli scorsi giorni, nella realtà della Tasmania, è accaduto qualcosa che potrebbe risultare fatale per la biodiversità dell’isola. Un incendio infatti ha provocato un qualcosa di insolito: vediamo insieme di cosa si tratta.
Oltre il danno, la beffa
Siamo soliti raccontarvi di incendi che provocano la distruzione di intere foreste. In questo caso, fortunatamente non è così. Il danno provocato però rischia di essere altrettanto deleterio per l’ecosistema dell’isola a sud dell’Australia.
Le fiamme infatti hanno provocato la fuoriuscita di acqua da una immensa vasca di un allevamento ittico di salmoni. Questi, assieme al liquido, hanno raggiunto i vicini corsi d’acqua. Se stessimo parlando di poche decine di esemplari non sarebbe un problema così importante: il dramma è che all’incirca questi animali pinnati erano circa 50 mila.
Questi non verranno recuperati, e popoleranno le acque “selvatiche”. L’incendio e la conseguente fuga, secondo l’azienda che gestisce l’allevamento, provocheranno esclusivamente un grandissimo danno economico. Le associazioni ambientaliste però non sono affatto d’accordo: le specie autoctone risentiranno considerevolmente di questa massiccia invasione di pesci fondamentalmente sconosciuti.
A dar man forte alle ONG è spuntato uno studio effettuato proprio su un caso simile. Sembra infatti che circa il 15% dei salmoni cresciuti in allevamento, una volta rilasciati in natura, tenda a cibarsi di pesci selvatici. Insomma, oltre il danno, la beffa.