IL METABOLISMO DELLO SCOIATTOLO ARTICO È INVIDIABILE: ECCO COME SOPRAVVIVE AL FREDDO POLARE
Durante l’inverno ci rotoliamo dentro le coperte con la speranza di trovare rifugio dal freddo che ci tormenta per tutto il giorno. In qualche maniera finiamo infatti per invidiare alcuni animali che compiono un gesto tanto celebre quanto misterioso: l’andare in letargo. Oggi vogliamo portarvi l’esempio dello scoiattolo artico, una delle specie che “dorme” più tempo.
Questo piccolo animale infatti rimane nella sua tana in letargo a dormire per circa 8 mesi l’anno. Il fenomeno è davvero molto interessante ed unico nel suo genere: la scienza si è finalmente interessata, studiando alcune particolarità appartenenti al metabolismo di queste piccole bestioline pelose.
Ogni minimo dettaglio
Il processo, definito ibernazione ha una sua logica ben precisa: questa è stata finalmente scovata da chi ha condotto la ricerca. Il lavoro portato avanti da un team dell’University of Alaska di Fairbanks e pubblicato su Nature Metabolism ha messo in luce ciò che avviene all’interno del corpo dello scoiattolo artico.
Questi si addormentano in media durante la prima settimana di settembre. L’organismo attua un sistema di conservazione delle funzioni vitali strettamente necessarie, cadendo in un profondo torpore per circa otto mesi. Il punto è che, dalle analisi condotte, la “macchina perfetta” ideata dalla natura mette in azione alcuni accorgimenti molto precisi.
I muscoli infatti, inutili in questa fase, tendono ad indebolirsi e di fatto a distruggersi. Al contrario, con il tempo, aumenta sempre di più il rilascio di azoto libero. Questo occorre per la formazione di amminoacidi che, a loro volta fanno parte del processo di sintesi delle proteine. Il tutto per assicurare un processo di anti-ossidazione dell’organismo: una sorta di ecologia e riciclo delle funzioni vitali. Ciò permetterà allo scoiattolo artico di svegliarsi durante il mese di maggio in perfette condizioni. Ecco dunque spiegato come un metabolismo corretto possa di fatto rappresentare un modello di resilienza anche per la nostra specie.