Al giorno d’oggi, ogni impresa, qualunque sia il suo campo di azione, deve tener conto di alcuni standard da rispettare. Risulterebbe infatti anacronistico se ci si presentasse a competere nel mercato di riferimento senza dare uno sguardo al mondo esterno e ai propri competitor. Certamente oggi la questione ambientale costituisce uno dei più grandi interessi di moltissimi settori, tra cui quello della moda.
Più il tempo passa, più nei centri commerciali abbiamo modo di trovare marchi disposti a vendere i propri capi ad un prezzo medio-basso. Il mondo del fast fashion ha letteralmente conquistato gli armadi di ognuno di noi: vi sfidiamo ad ammettere il contrario. Il discorso è che però una proposta di massa rischia di sfuggire ai sovracitati standard ecologici.
Rivoluzione verde
La critica mossa a questo tipo di aziende è chiara: c’è uno stretto legame con l’aumento degli sprechi e del basso tasso di riciclo. Uno di questi marchi ha voluto muoversi in silenzio da tempo, cercando una soluzione consona al problema.
Parliamo di H&M, di origine svedese e da sempre in prima linea in questo tipo di battaglie. L’omonima no profit, assieme all’ Hong Kong Research Institute of Textiles and Apparel, ha sviluppato qualcosa di davvero rivoluzionario. Parliamo della Green Machine, una macchina industriale capace di separare il poliestere dal cotone ad una velocità spaventosa.
In questa maniera, un vestito inutilizzato può essere letteralmente “smontato“, recuperando tutto ciò che è possibile riciclare per un nuovo scopo. Parliamo di un macchinario che riesce a mettere in atto un loop chiuso, dunque senza scarti secondari. Calore, acqua, pressione e un agente chimico biodegradabile sono le uniche necessità che ha. Non certo la soluzione definitiva al problema, ma certamente un grandissimo passo avanti.