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I PARADOSSI DELLA NATURA: FORESTA IN UGANDA MINACCIATA DAL THE

Quando parliamo di pressione antropica, non lo facciamo per generalizzare e per utilizzare un termine vago. L’attività dell’uomo può consistere in una miriade di azioni, anche non necessariamente indirizzate in maniera esplicita verso una conseguenza catastrofica.

Il punto è che però nella maggior parte dei casi l’uomo pensa al proprio interesse prima che a quello dell’ambiente. Proprio per questo motivo, le nostre azioni si ripercuotono inesorabilmente su di esso. Con un esempio potremo essere più chiari: pensate alla popolazione mondiale. Questa è in rapida crescita, ed entro mezzo secolo sfiorerà i 10 miliardi di persone. Ciò implicherà la necessità di più cibo, e di conseguenza più terre da coltivare.

Il costo del successo

Il suolo terrestre però rimarrà sempre il medesimo, e saremo costretti a togliere ulteriore spazio alla natura incontaminata per i nostri interessi. Qualcosa di simile sta già accadendo in Uganda, dove è in atto un vero e proprio paradosso.

Pensare che una pianta possa essere la causa di una seria minaccia per una foresta è ai limiti del delirante. Eppure è proprio così: la biodiversità del Parco Nazionale impenetrabile del Bwindi è messa sotto scacco dalle piantagioni di the.

Questo è un prodotto caratteristico della zona, coltivato anche dalle popolazioni autoctone. Il fatto che però la varietà ugandese abbia spopolato in giro per il mondo suona come una condanna per il verde della storica foresta patrimonio dell’Unesco.

Si pensi infatti che la produzione del the ugandese, nel decennio compreso tra il 2000 ed il 2010 è aumentata del 40%. Si è arrivati alla raccolta di 40 mila tonnellate annue, di cui esclusivamente il 10% per il mercato nazionale. Come presumibile, l’area protetta è intoccabile. Ma le zone limitrofe al Parco Nazionale, anch’esse rigogliose e preziose per il nostro Pianeta, stanno scomparendo a causa della sempre maggior richiesta di esportazione di the. Assieme a queste, un altissimo rischio lo corrono le moltissime specie residenti in questa zona, tra cui il celebre gorilla Bwindi, che mutua il nome proprio dal Parco.