LA BELLA STORIA DEL CAMOSCIO: NON È PIÙ A RISCHIO ESTINZIONE
Volenti o nolenti, siamo costretti a raccontarvi la realtà dei fatti che accadono sul nostro Pianeta. Come forse è normale che sia, a “fare notizia” è qualcosa che interrompe quella che definiremmo “normalità“. Su questo concetto andrebbero aperte ulteriori discussioni: con il protrarsi di situazioni scomode, forse dovremmo ridefinire ciò che reputiamo normale.
In ogni caso, proprio sulla scia di questo discorso, oggi è uno dei giorni in cui vogliamo regalarvi un sorriso domenicale a trentadue denti. Il camoscio, specie endemica dell’arco appenninico italiano, non è più in pericolo di estinzione. Alla fine di luglio si celebra la giornata italiana dedicata a questo animale, che fino al 2020 però ha più volte rischiato di non calcare più il nostro suolo.
Mai gioire troppo
Se pensiamo che circa cento anni fa, a causa prettamente del bracconaggio, gli esemplari rimasti erano circa 30, oggi questo risultato ci sembrerà importantissimo. Come prevedibile non esiste un censimento ultra dettagliato, ma oggi siamo sicuri di aver superato le tremila unità.
Ruolo importantissimo in questa impresa di ripopolamento lo ha avuto Legambiente, da sempre tra le onlus più coinvolte ed importanti sul territorio nazionale e non solo. Da attivisti dediti quali sono, gli addetti dell’associazione invitano però i cittadini a non gridare vittoria troppo presto. Il momento in cui avviene la dichiarazione di uscita dal rischio infatti è tra quelli più sensibili che ci siano.
Abbassare la guardia ricadendo nei medesimi errori infatti non sarebbe affatto un qualcosa di nuovo. I primi segnali negativi infatti allarmano: il Parco Nazionale d’Abruzzo infatti rischia di perdere alcune zone per scarsi fondi. Indovinate chi abita proprio li? Il camoscio.