Se vi capita di leggere spesso le nostre pubblicazioni, noterete come l’idea che abbiamo della specie umana sia abbastanza ben focalizzata. Ripetiamo infatti continuamente di un difetto che ci accomuna: ci accorgiamo dei problemi solo nel momento in cui questi diventano palesi ai nostri occhi.
Si tratta di un discorso molto ampio e complicato, ma che effettivamente a livello logico non fa la minima piega. Siamo talmente concentrati sulle distrazioni che la vita ci offre, da sottovalutare qualunque questione non ci crei un vero e proprio disagio. Non a caso infatti, riguardo fenomeni come il surriscaldamento globale, ci stiamo attivando solo a ridosso del celebre “punto di non ritorno”.
Nessuno muove un dito
Nella quasi totalità dei casi, questa introduzione sarebbe confermata dai fatti che accadono in giro per il mondo. Alcune volte però riusciamo a fare ancora di peggio: non troviamo soluzioni consone nemmeno di fronte all’evidenza di un dramma in atto.
In Venezuela infatti da qualche settimana è stata notata una fuoriuscita di petrolio dalla raffineria di El Palito, l’unica attiva nella nazione sudamericana. Questa, conservata in condizioni fatiscenti, si trova nelle vicinanze del mare. Proprio l’acqua dell’oceano infatti ha riconsegnato un discreto quantitativo di idrocarburi, evidenziando il problema. Dopo molti giorni dalla scoperta della tragedia, ancora oggi la società responsabile non ha emesso alcun comunicato a riguardo.
Come se non bastasse, in quella stessa zona sorge il Parco Nazionale del Morrocoy, un’insenatura di isolotti con scogliere e mangrovie di circa 320 chilometri quadrati.
“In termini relativi, non è un volume così grande, se lo confrontiamo con altre grandi fuoriuscite di petrolio globali. Ciò che la rende particolarmente grave è la zona colpita: si tratta di una corrente che trasporta l’olio al Golpe Triste e al Parco Nazionale. Sono già stati segnalati impatti e presenza di idrocarburi che raggiungono scogliere e lagune di mangrovie. Ciò che non è visibile, e potrebbe essere più grave, è che una parte di questi idrocarburi precipita e va nel fondo marino”
Parola di Juan José Cárdenas, oceanografo e professore presso l’Istituto di tecnologia del mare dell’Università Simón Bolívar di Caracas.