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PISA, IDEA PER MAPPARE LE MICROPLASTICHE NEGLI OCEANI: PROGETTO INTERESSANTE

Come ripetiamo spesso, uno dei drammi della nostra epoca è quello dell’osservare le conseguenze inevitabili di più di mezzo secolo di abuso dei materiali plastici. La società nella quale hanno vissuto soprattutto i nostri genitori infatti è stata quella dell’utilizzo massiccio di questa sostanza. La mentalità “usa e getta” ha finito per ritorcersi contro chi ne ha giovato per moltissimo tempo.


Nella situazione odierna, troviamo moltissime spiagge in tutto il mondo invase da bottigliette e residui plastici. Questo deve necessariamente farci riflettere rispetto ad un’educazione civica che forse andrebbe migliorata. Il problema però non è esclusivamente “a galla”, ma soprattutto sui fondali. Gli oceani di tutto il mondo infatti sono pieni di micro particelle provenienti dalla plastica.

La soluzione italiana

Nonostante questo sia un argomento trattato molto spesso dai media, la scienza ne sa abbastanza poco. A livello quantitativo, siamo a conoscenza del fatto che tra i 5 e 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno.

L’Università di Pisa, con il progetto Hotmic (Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics)fornirà le tecniche di mappatura per queste sostanze messe a punto negli ultimi anni. L’intento sarebbe quello di restituire una cartina dettagliata rispetto a luoghi e tipologie di residui microplastici. In questo modo si potrebbe intervenire oculatamente rispetto ad ogni particolare difficoltà.

“Abbiamo sviluppato una metodologia del tutto originale che ci consente di identificare i diversi tipi di microplastica, polimero per polimero. Sino ad oggi la tecnica più comune e utilizzata si limitava infatti a fare una separazione grossolana delle microplastiche dai sedimenti, seguita da una laboriosa e inaccurata conta tramite tecniche di microscopia e spettroscopia microscopica”

 

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