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ARTICO, TROVATE TRACCE DI PLASTICA NEI GAMBERETTI

Nonostante le difficoltà create dalla pandemia in atto, l’estate sembra scorrere abbastanza tranquillamente. Ognuno ha la propria routine durante la stagione più calda, ma più o meno tutti condividiamo la passione per un buon piatto di pesce.


Se infatti durante l’inverno tendiamo a riscaldarci anche attraverso la pietanza che ingeriamo, d’estate preferiamo stare leggeri o comunque provare dei sapori che siano in linea con le nostre abitudini vacanziere. Ecco perché in tantissimi amiamo i gamberetti: questi nella maggior parte dei casi provengono dalla zona dell’Artico e vengono importati nel nostro paese dopo un processo di congelamento. Tutto tranquillo, almeno all’apparenza. Negli ultimi giorni, uno studio ha messo in luce una realtà tutt’altro che serena.

Il rischio è concreto

Enea, Cnr e Università la Sapienza hanno unito le proprie forze per compiere una ricerca che ci mette di fronte ad una terribile realtà. Sono state rilevate infatti tracce di inquinamento da microplastiche nell’anfipode Gammarus setosus, gamberetto tipico delle isole Svalbard, nel Mar Glaciale Artico. 

Lo studio, apparso su Environmental Research aggiorna dunque la lista dei danni che l’uomo ha provocato al Pianeta su cui è esclusivamente ospite.

“Lo studio realizzato con Cnr e Sapienza dimostra che le microplastiche hanno invaso anche le terre più a Nord della Terra e sono in grado di penetrare ogni livello dell’ecosistema, con danni agli organismi e all’ambiente ancora poco compresi”

Parola di Valentina Iannilli, una delle titolari di questa ricerca. Si pensi che di questa specie è possibile pescarne fino a 3000 individui al metro quadro, il che rende una dinamica tragica abbastanza probabile. L’altissimo consumo dei gamberetti dell’Artico in tutto il mondo infatti, espone l’intera popolazione al rischio di ingerire a propria volta residui plastici. Bisognerebbe riflettere maggiormente su questo problema.

 

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