Molto spesso facciamo riferimento alla questione dei cambiamenti climatici parlando di pressione antropica, ovvero tutto ciò che ha a che fare con le attività umane su questo pianeta. Gli esempi più lampanti sono quelli portati dallo smog delle grandi metropoli, che con il passare degli anni stanno cercando di rimediare ad una situazione davvero al limite.
Certamente parlando di smog non possiamo non menzionare le grandi industrie e tutti i mezzi di trasporto a lunga gittata. L’industrializzazione è stata in questo senso una vera e propria condanna: per migliorare la nostra vita, abbiamo deciso di inficiare senza indugi sull’ambiente. Solo in questo momento storico ci rendiamo conto degli errori commessi e cerchiamo di rimediare…
La Terra ci aiuta
Esiste però un altro fattore, nominato raramente, che contribuisce in maniera corposa all’inquinamento del nostro Pianeta. Parliamo delle dosi massicce di carbonio rilasciate dagli incendi. Nella maggior parte dei casi, questi purtroppo sono dolosi, cioè provocati volontariamente dall’uomo per interessi economici.
Questi provocano il rilascio di due miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno in atmosfera. I residui bruciati ammontano a circa 250 milioni di tonnellate, di cui circa 18 ogni anno sono trasportati dai fiumi nelle acque oceaniche. Uno studio condotto dall’Università della East Anglia e pubblicato su Nature Communications, oltre a fornirci questi dati, ha spiegato perché questo processo è cruciale per il prosieguo della vita sulla Terra.
“Questa è una buona cosa perché quel carbonio viene bloccato e immagazzinato per periodi molto lunghi, ci vogliono decine di millenni affinché il carbonio nero si degradi in anidride carbonica negli oceani”
Parola di Matthew Jones, coordinatore dell’attività di ricerca, che aggiunge:
“Abbiamo scoperto che circa il 12% di tutto il carbonio che fluisce attraverso i fiumi proviene dalla vegetazione bruciata”.