Corsi d’acqua notevolmente inquinati nel nord Italia. A lanciare l’allarme è Greenpeace che mostra testimonianze drammatiche della situazione che caratterizza i nostri fiumi. L’inquinamento da plastica, in particolare quella monouso, è una vicenda che interessa tutto il globo e che negli ultimi anni ha raggiunto livelli preoccupanti. L’associazione ambientalista ha diffuso delle immagini-testimonianza che hanno mostrato la preoccupante condizione di alcuni corsi d’acqua italiani.
Inquinamento da plastica: dal fiume al mare
Le foto mostrate da Greenpeace risalgono al 3 aprile 2019, e sono state riprese direttamente da cittadini del Veneto dopo la siccità che ha colpito diverse regioni del nord. La mancanza idrica ha portato allo scoperto diversi rifiuti, principalmente di plastica. Le località interessate sono quelle di Torretta, Verona e Legnago, dove i fiumi sono colmi di scarti di plastica monouso, la responsabile di questo disastro.
Le scene surreali mostrate nelle foto, ricordano i Paesi del sud-est asiatico, dove i fiumi sono vere e proprie discariche a cielo aperto. Allo stesso modo, anche i nostri corsi d’acqua, a causa della siccità, portano allo scoperto il loro lato più oscuro. Tra i primi c’è il Canal Bianco, affluente del Po, le cui chiuse sono ricolme di rifiuti plastici. Il vero problema, però, è che tutto ciò che si trova nei fiumi, finisce inevitabilmente nei mari.
Greenpeace avverte che ogni minuto, l’equivalente di un camion pieno di rifiuti di plastica finisce nei mari del nostro Pianeta. Purtroppo, il 40% della plastica prodotta ogni anno è per fini monouso, che ne rende più difficile il riciclaggio. Per questo, l’associazione si pronuncia affinché vengano adottate misure urgenti che riducano la produzione di oggetti di plastica monouso. Inoltre, Greenpeace critica duramente la legge “salva-mare” che non preverrebbe il problema della produzione ma contrasterebbe soltanto la presenza attuale del plastica in mare. A tal proposito l’associazione ha lanciato una petizione per convincere multinazionali del calibro di Nestlé, Unilever, Coca-Cola, Ferrero a ridurre la produzione ed usare metodi alternativi.