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Inquinamento: trovate microplastiche anche nelle capesante

Le microplastiche hanno contaminato anche le capesante: lo ha dimostrato uno studio che ha analizzato l’intestino dei molluschi che assorbe molto velocemente le nanoparticelle

Anche le capesante sono piene di microplastiche: gli amati molluschi sono vittime dell’inquinamento come dimostrato da un gruppo di ricercatori internazionali dell’Università di Plymouth, Regno Unito, che hanno collaborato con i colleghi dell’Elpinstone Research Center, dell’Institut des Sciences de la Mer dell’Università del Quebec (Canada) e dell’Università Heriot-Watt di Edimburgo (Scozia). I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista sicentifica Environmental Science and Technology. Gli studiosi hanno esposto vari esemplari di capesante a concentrazioni di microplastiche simili a quelle trovate nell’ambiente per sei ore. Le particelle sono state marcate al carbonio per essere più facilmente rilevate

Dopo l’esperimento sono state trovate nell’intestino dei molluschi particelle anche molto piccole, presenti anche negli altri organi e tessuti, come reni e muscoli. Come dichiarato dalla professoressa che ha coordinato lo studio, Maya Al Sid Cheikh, “la ricerca dimostra che le nanoparticelle possono essere assorbite rapidamente da un organismo marino, e che in poche ore vengono distribuite attraverso la maggior parte degli organi principali”. Un ulteriore esame dopo due settimane è emerso che le particelle più piccole permanevano nelle capesante ben 48 giorni prima di sparire.

“Abbiamo esposto le capesante alle nanoparticelle solo per alcune ore, e pur essendo trasferite in acqua pulita, le tracce erano ancora presenti diverse settimane dopo. Capire le dinamiche di captazione e rilascio delle nanoparticelle e la loro distribuzione nei tessuti corporei è essenziale se vogliamo comprendere qualsiasi potenziale effetto sugli organismi”. Potenzialmente molto pericoloso dunque, se venisse confermato che le particelle vengono assorbite dai tessuti: rappresenterebbero un rischio per la salute umana.

Photo credit Pixabay.it

 

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