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Allarme di Greenpeace: c’è microplastica anche nel sale da cucina

Una ricerca promossa da Greenpeace ha preso in esame diversi campioni di sale da cucina provenienti da diversi paesi, Italia inclusa: ne è emerso che nel 90 per cento dei campioni analizzati sono presenti tracce di microplastica

Un allarmante dato riguardante il comunissimo sale da cucina quello emerso dalla ricerca pubblicata dalla rivista Environmental Science & Technology e nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Lo studio ha analizzato 39 campioni di sale, provenienti da diversi paesi, Italia inclusa. Ne è emerso che 36 di questi campioni contenevano tracce di microplastiche della tipologia più comune, ovvero quella proveniente dagli imballaggi usa e getta.

Come ha spiegato Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, “molti studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione”.  Nello specifico, la ricerca ha riscontrato maggiore presenza di microplastiche nel sale marino, seguito poi dai campioni provenienti da laghi salati e infine dalle miniere. Le conseguenze? Peggiori di quanto si immagini. Considerati i risultati, in base all’assunzione media di sale di un adulto in un giorno che è di circa 10 grammi, una persona potrebbe ingerire solo attraverso il consumo di sale 
circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno. 

Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo, ha commentato i risultati sottolineando l’importanza di ridurre l’immissione di plastica nell’ambiente dato che questa viene praticamente reimmessa nella catena alimentare arrivando anche all’uomo: “per limitare la nostra esposizione alle microplastiche – conclude – sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

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