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Tigre: allarme estinzione per il felino più grande del mondo, ne restano solo 4.000

Il 29 luglio si è celebrata la “Giornata Mondiale delle Tigri”. In questo giorno il pensiero è tornato a questi grandi felini che rischiano l’estinzione; ne restano meno di 4.000 in tutto il mondo.

Erano in centomila agli inizi del XX secolo, oggi sulla Terra ne esistono solo 4.000 (3.890 secondo le ultime stime) esemplari e fanno anche fatica a sopravvivere. Le tigri, di cui ogni 29 luglio si celebra la Giornata Mondiale, sono praticamente a rischio estinzione e aumentano sempre di più le iniziative che cercano di preservarle e salvarle. La Giornata Mondiale delle Tigri è stata creata proprio a causa di questa emergenza, quando 13 paesi che ospitano questo felino (India, Nepal, Bhutan, Bangladesh, Russia, China, Myanmar, Thailandia, Malesia, Indonesia, Cambogia, Laos e Vietnam) si sono riuniti nel 2009 e si sono impegnati a raddoppiarne la popolazione del mondo entro il 2022, ovvero il prossimo “Anno della tigre” nel calendario lunare asiatico.

Il direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo (Verona) Cesare Avesani Zaborra, ricorda che in India “vive il numero più alto in assoluto di tigri: la sottospecie del Bengala è la più numerosa, stimata dall’ultimo censimento del Governo Indiano in 2.226 esemplari, ai quali bisogna aggiungere gli individui di Bangladesh, Nepal e Bhutan. Numeri ben più bassi e più approssimativi per le altre 4 sottospecie, sopravvissute dopo che nel ‘900 se ne sono estinte altrettante e non sempre oggetto di un censimento complessivo: in Cina e Russia si contano circa 450 esemplari di tigre dell’Amur, in Indonesia la tigre di Sumatra non arriva a 400 unità, la tigre della Malesia sopravvive nel Paese con meno di 300 individui e la tigre indocinese sembra ancora sotto questa soglia”.

La preservazione della Tigre, spiega il ricercatore, “è legata a doppio filo alla protezione che l’uomo assicura ai territori in cui essa vive. La lotta al bracconaggio, la mitigazione del conflitto uomo-animale e la limitazione al consumo di habitat, risultano applicati in maniera corretta solo nel 13% dei Paesi dell’areale. Lo dimostra l’ultimo studio pubblicato nel marzo scorso dall’organizzazione Panthera in collaborazione con Iucn (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), che rileva il Sud-est asiatico come l’area in cui le tigri stanno soffrendo di più la pressione del bracconaggio, senza che questo venga contrastato con mezzi efficaci”. “Perdendo la tigre, perderemo molto di più: le specie e gli habitat che da essa dipendono, ma anche la storia e la memoria di molti popoli orientali”, chiude Avesani Zaborra.

Fonte Ansa – Foto Credit Pixabay