In Sudan molte specie animali sono minacciate dalla caccia e, in modo collaterale, dal conflitto che devasta la nazione: il governo ha per questo bandito ogni forma di caccia alla fauna selvatica
Il Sudan del Sud ospita specie animali di grande importanza: elefanti, leoni e giraffe che insieme ad altri si spostano verso la nazione in cui avviene la seconda più grande migrazione al mondo di mammiferi terrestri. La sopravvivenza della fauna selvatica è però minacciata: in primis dal bracconaggio finalizzato alla vendita successiva delle parti degli animali, e in modo collaterale dal conflitto che devasta la nazione dal 2013. Molti muoiono infatti per colpa della guerra, e molti vengono uccisi dalla popolazione a causa della mancanza di cibo.
Per porre freno a questo fenomeno e salvaguardare il patrimonio faunistico del Sudan del Sud, il Ministero della Conservazione della fauna e del turismo ha bandito ogni forma di caccia alla fauna selvatica, che si estende al divieto di commercio di trofei di caccia e prodotti ricavati da essa, come pelle, pelliccia e carne. Nel Paese vengono infatti venduti apertamente nei mercati parti di animali uccisi nei parchi nazionali, dove persone armate uccidono esemplari a caso senza distinguere tra anziani e giovani.
Da un rapporto riguardante l’impatto della guerra civile sulla popolazione faunistica del Sudan del Sud è emerso infatti che le specie animali principali hanno subito un brusco calo delle popolazioni. Nel Paese vivevano, negli anni ’70, circa 80 mila elefanti: ora ne rimangono appena 370 unità. Le giraffe rischiano invece l’estinzione a livello locale. Per questo motivo è importante, tramite una legge, cercare di proteggere la fauna del Paese, importante anche per le stesse comunità locali: gestire correttamente i parchi può migliorare e stabilizzare la regione, che per la varietà di animali presenti è una buona meta per l’ecoturismo. Questo però rappresenta soltanto l‘1,8 per cento del Pil nazionale: salvaguardare gli animali può essere un modo per rilanciare l’economia.
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