E-waste, la tendenza alla tecnologia usa e getta, genera tonnellate di rifiuti elettronici. Per informare e sensibilizzare sul tema, Eduardo Relero ha realizzato una grande installazione artistica per l’European Environmental Bureau in occasione del Mobile World Congress.
Ogni anno in tutto il mondo vengono prodotte tonnellate di rifiuti tecnologici. Smartphone, tablet, computer e altri dispositivi gettati via perché ritenuti ormai inutilizzabili. Sono i cosiddetti e-waste, il frutto dell’obsolescenza programmata, un approccio alla tecnologia usa e getta, che genera prodotti programmati per avere un ciclo di vita di breve durata, che finiscono poi nelle discariche. Sebbene in varie parti del mondo stiano nascendo negozi che si occupano di rigenerare e dare nuova vita a questi dispositivi, si parla ancora poco del problema.
Per accendere i riflettori sulla questione, l’artista Eduardo Relero ha realizzato una grande installazione 3D, delle dimensioni di 11 x 6 metri, per l’European Environmental Bureau (Eeb), per accendere i riflettori sul tema, proprio in occasione del Mobile World Congress in corso a Barcellona. Un’opera che vuole denunciare quello che Piotr Barczak dell’Eeb, network composto da 40 ONG ambientaliste europee, definisce “il lato oscuro della nostra ossessione tecnologica“.
Greenpeace denuncia che ogni anno la criminalità organizzata spedisce circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici dall’Europa alla Cina. Negli ultimi dieci anni sono stati prodotti oltre 7 miliardi di smartphone, ognuno dei quali è stato usato per un periodo di tempo limitato. Negli Stati Uniti, i consumatori cambiano lo smartphone in media ogni due anni, e questi rappresentano oggi circa il 70% dei rifiuti pericolosi nelle discariche Usa. E la situazione non è molto diversa anche in Europa, e le previsioni per il futuro stimano una crescita del volume dei rifiuti del 17% entro il 2021, anno in cui supereranno i 52 milioni di tonnellate. I governi dei vari stati dovrebbero intervenire per arginare il fenomeno, così come sta già facendo la Svezia, che propone agevolazioni fiscali alle officine di riparazione.
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