Bocciata dal Parlamento europeo la richiesta che chiedeva di rivedere la normativa circa l’ora legale in base agli studi che ne sostengono i danni per la salute
Una proposta da parte di alcuni deputati dell’Unione europea per rivedere la normativa che regola l’ora legale, ovvero il cambiamento semestrale dell’orario che a marzo e a ottobre di ogni anno, dalla sua istituzione nel 1916, ci porta a spostare di un’ora le lancette dell’orologio. Cambiamento che, secondo alcuni studi, provoca non pochi danni al fisico che impiega circa una settimana a riprendersi dal “jet-lag”, poiché il cambio di orario porta ad uno sfasamento con conseguente stanchezza, minore concentrazione e nervosismo, ansia e insonnia. Per arrivare, per alcuni, a manifestarsi con inappetenza o problemi cardiaci.
Perciò, alcuni eurodeputati hanno chiesto una revisione – o una possibile abolizione – dell’ora legale, poiché ci farebbe vivere per sei mesi secondo dei ritmi non naturali, garantiti invece dall’uso dell’ora solare: in nome di uno stile di vita più legato alla natura è allora stata chiesta una “valutazione approfondita” della direttiva, che ha quindi visto il Parlamento europeo votare sull’ora legale. Per poi bocciare la richiesta di abolizione, accettando di studiare comunque la questione proponendo eventualmente una modifica alla direttiva della stessa Ue del 2000 che regola l’alternanza tra ora legale e ora solare.
Per quanto molti studi sostengano i danni alla salute dovuti al cambio, due volte l’anno, dell’orario, in realtà la comunità scientifica non si è esposta con dati definitivi e precisi riguardo l’ora legale, adottata per favorire il risparmio energetico e di cui tutt’ora ci sono convinti sostenitori, tra chi ne sottolinea i vantaggi tra cui la possibilità di svolgere più attività all’aperto, minimizzando le conseguenze negative che non sarebbero così gravi, considerato che si tratta di due episodi all’anno. C’è da aspettarsi un nuovo dibattito?
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