Salute e benessere

Alzheimer, tra le possibili cause c’è l’abuso di alcolici. Lo studio

Uno studio condotto in Francia ha evidenziato come un consumo eccessivo di alcolici possa aumentare la possibilità di sviluppare demenze precoci come l’Alzheimer


Tra i danni e le conseguenze sulla salute del consumo eccessivo di bevande alcoliche ora si aggiungono le demenze precoci come l’Alzheimer. Lo conferma un importante studio condotto sull’argomento da parte di un gruppo di ricercatori franco-canadesi coordinati dagli esperti del Campbell Family Mental Health Research Institute for Mental Health Policy Research di Toronto i cui risultati, pubblicati su Lancet Public Health, hanno preso in esame le abitudini e la condizione di salute di più di un milione di pazienti francesi ricoverati per demenza tra il 2008 e il 2013.

Con demenza precoce si intende una demenza diagnosticata prima dei 65 anni: tra i pazienti presi in esame a cui era stata diagnosticata questo tipo di demenza, nel 57 per cento dei casi essa era associato un consumo di alcol elevato: avendo preso in esame soltanto un campione di persone, e considerata la tendenza ad esagerare con gli alcolici, si può supporre che il quadro potrebbe toccare percentuali anche più ampie. Inserito sicuramente in un quadro di fattori molto ampio, come il sovrappeso, il fumo, il diabete o la depressione, il consumo di alcol si presenta dunque come causa in qualche modo da considerare per lo sviluppo di Alzheimer.

Alla luce dei dati bisogna lavorare per disincentivare il consumo elevato di alcolici e soprattutto intensificare ed anticipare i controlli relativi ad Alzheimer ed altre forme di demenza tra i soggetti che bevono, soprattutto tra gli uomini per cui nelle forme precoci si arriva al 70 per cento di pazienti, rispetto alle forme senili in cui sono le donne a costituire i due terzi del totale. La demenza precoce è a volte causa di morte altrettanto precoce: ridurre la quantità di alcolici significa in questo caso ridurre il rischio di diminuire l’aspettativa di vita di addirittura quasi vent’anni.

Photo credit: Pixabay.it

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