Diverse le polemiche nate in seguito all’emendamento che rende i sacchetti biodegradabili obbligatori e visibili sullo scontrino spesa: la risposta di Legambiente
Resi obbligatori dal 1 gennaio 2018, i nuovi sacchetti biodegradabili e compostabili da utilizzare per gli alimenti nei supermercati quali pesce, ortaggi e frutta, hanno generato numerose polemiche legate ad altrettante fake news e inesattezze: è la denuncia di Legambiente, che sostiene con forza il provvedimento volto a diminuire l’inquinamento da plastica.
Due le principali polemiche scatenate da cattiva informazione: la prima riguarda il costo delle buste, che da oggi in poi avranno un prezzo esposto sullo scontrino. La polemica nasce dal fatto che molti ignorano che, in realtà, i sacchetti hanno sempre avuto un prezzo che però non compariva nel conto finale. Obiettivo della direttiva del governo è anche quello di sensibilizzare i cittadini sul costo che ha la plastica. Il prezzo dei sacchetti non può essere fissato per legge, ma i prezzo si attesterà generalmente intorno a 1 o 2 centesimi di euro, con una spesa annua totale che può variare da 1,5 a 3 euro. Il vantaggio è che i sacchetti biodegradabili possono essere riutilizzati per la raccolta dell’umido; non si potranno riutilizzare per altri acquisti né si potranno portare sacchetti di carta da casa per l’acquisto dei prodotti, ma, come afferma Legambiente, il problema può essere risolto permettendo ad esempio l’utilizzo di retine da parte di chi vende frutta e verdura, come già accade in Europa.
La seconda polemica è legata invece alla convinzione di molti che l’emendamento sia stato fatto per far guadagnare un’azienda particolare che produce buste di plastica compostabili, la Novamont, che in realtà non è l’unica impresa italiana che realizza sacchetti biodegradabili: in Italia sono oltre 150 le aziende di questo tipo, che non solo fatturano molto ma danno una grossa spinta al riciclo con la riconversione ecologica della plastica: l’obiettivo, sostiene Legambiente, deve essere quello di sostenere sempre di più l’utilizzo di prodotti che non derivano dal petrolio, se si vuole rilanciare davvero l’economia nel rispetto dell’ambiente.
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