Ambiente

Global Fishing Watch, la Rete per proteggere il mare

Un nuovo strumento Internet, il Global Fishing Watch, viene in aiuto al contrasto della pesca eccessiva e illegale: si tratta di un sistema di monitoraggio che sarà in grado di tracciare il viaggio del pescato in tutto il mondo, aiutando così a creare una maggiore trasparenza negli oceani.

 

Internet in aiuto contro la pesca eccessiva e illegale

Global Fishing Watch, ideato da Oceana (una associazione internazionale che si preoccupa della conservazione degli oceani), con la collaborazione di Google e di SkyTruth (un gruppo no-profit che utilizza le immagini aeree e satellitari per monitorare i cambiamenti del paesaggio), verrà lanciato sul mercato nelle prossime settimane. Grazie a Global Fishing Watch chiunque abbia accesso a Internet e una passione per il pesce sarà presto in grado di monitorare i pescherecci commerciali in tutto il mondo. Le organizzazioni non governative pubbliche e gli enti locali saranno in grado di usarlo per monitorare le coste e le riserve marine, per seguire le singole barche quasi in tempo reale. Il Global Fishing Watch potrà poi risultare particolarmente utile per tutti quei Paesi,unnamed (3) come ad esempio il Madagascar, che hanno poche risorse per pattugliare e monitorare le proprie coste. Ma saranno davvero numerose le applicazioni possibili. I cittadini potranno utilizzare lo strumento per verificare di persona se le attività di pesca dalle quali provengono i pesci che finiscono sulle loro tavole vengono gestite in modo efficace e onesto. I fornitori di frutti di mare potranno tenere d’occhio le barche dalle quali acquistano i prodotti. I media potranno agire come cani da guardia per migliorare la gestione sostenibile della pesca a livello mondiale. Gli stessi pescatori potranno usare Global Fishing Watch come “passepartout” in quanto saranno in grado di dimostrare che essi obbediscono alla legge. I ricercatori, infine, avranno accesso a un numero record di dati derivanti da tutte le attività di pesca rintracciabili. Come ha spiegato il direttore esecutivo di Oceana in Europa, Lasse Gustavsson: “Per risolvere il problema della pesca eccessiva, incluso quello della pesca illegale, abbiamo bisogno di creare la trasparenza negli oceani”. E in questa direzione ecco arrivare l’aiuto da parte del Global Fishing Watch, in grado di raccogliere numerosi dati da tutto il mondo. “Si possono analizzare questi dati in molti modi diversi – aggiunge ancora Gustavsson – con l’obiettivo di offrire un aiuto in particolare alle forze delle ordine, perché possano migliorare la comprensione del pubblico e, soprattutto, catturare tutte quelle persone che stanno facendo cose che non dovrebbero fare”.

 

 

Il Global Fishing Watch per combattere la diminuzione degli stock ittici

Lo sviluppo del nuovo Global Fishing Watch arriva come tentativo di contrasto delle attività di pesca eccessiva ed illegale, che negli ultimi anni hanno decimato gli stock ittici mondiali. Sono milioni le persone che in tutto il mondo dipendono dal pesce per sopravvivere. Ed il pesce si rivelerà vitale per nutrire la crescente popolazione mondiale che, secondo le Nazioni Unite, si prevede raggiungerà i 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Sempre secondo Lasse Gustavsson: “Al momento abbiamo circa 450 milioni di persone a livello mondiale che ottengono la loro fonte primaria di cibo dall’oceano. Si tratta di 450 milioni di pasti al giorno in pericolo”. Il pesce è la fonte essenziale di proteine per più di 2,5 miliardi di persone, ma la pesca eccessiva sta portando alla diminuzione di oltre 1 milione di tonnellate all’anno del numero di pesci catturati. Gli oceani si stanno spopolando ad un ritmo superiore a quello preventivato solo pochi anni fa dagli esperti. Tali dati, già preoccupanti, sono forniti dalla Fao, che però non tiene conto di fenomeni quali la pesca locale (quindi su piccola scala), la pesca sportiva e quella illegale. Per avere invece dati più realistici è stato affrontato un lungo lavoro di studio da 400 ricercatori in tutto il mondo ed i risultati proposti sembrano essere ancora più negativi. La ricerca, pubblicata sul giornale Nature Communications, ha mostrato come la quantità di pescato annuale, tra il 1950 e il 2010, è stata molto più grande di quella preventivata, ma che il declino sopraggiunto dopo l’anno di picco del 1996 è stato molto più veloce delle cifre ufficiali. I dati della FAO, infatti, indicano la quantità più elevata di 86 milioni di tonnellate raggiunta nel 1996 con un successivo calo annuale, a partire da quel momento, di 0,4 milioni di unità; secondo la nuova ricerca, invece, il picco sarebbe stato di 130 milioni di tonnellate per un calo annuale di 1,2 milioni di tonnellate. unnamed (1)I nostri dati differiscono molto da quelli della FAO – spiega Daniel Pauly, professore della University of British Columbia in Canada, che ha guidato il lavoro -. I nostri risultati indicano che il declino è molto forte e non è dovuto ai paesi che hanno deciso di praticare meno la pesca. È invece causato da quei paesi che hanno pescato troppo fino ad esaurire la disponibilità di pesci, una pesca dopo l’altra”. La soluzione a questa situazione di crisi rimane la scelta, che al momento solo alcuni Paesi stanno adottando, di interrompere in alcune zone l’attività di pesca per dar modo agli stock di rigenerarsi. Questo è stato fatto con successo, ad esempio, dalla Norvegia, che, dopo aver interdetto la pesca di aringhe e merluzzi, ha visto rigenerarsi il suo mare di nuove notevoli quantità di pesce. Ma il professor Pauly è piuttosto pessimista riguardo a tale possibilità di intervento: “Prevedo che in futuro il decremento andrà avanti perché non mi aspetto che siano molti i Paesi a scegliere davvero di ricostituire le proprie scorte di pesci. Non vedo pronti i paesi africani, per esempio, a rigenerare i propri stock, anche a causa della pressione derivante dalle flotte straniere che lavorano sulle loro coste e che non darebbero il loro appoggio ad una tale scelta. Noi sappiamo come risolvere questo problema, ma se lo facciamo o no dipende da quanto difficili sono le condizioni in cui lavoriamo”. Uno studio del 2015 ha mostrato come siano quasi 500 i pescherecci cinesi a operare al largo dell’Africa occidentale e, secondo Greenpeace, con decine di casi di pesca illegale. Anche le grandi navi europee lavorano nella regione. Al largo delle coste dell’Africa occidentale, ad esempio, secondo dati forniti da Oceana, sarebbero registrate ben 15mila barche provenienti da nazioni facenti parte della Ue. Se anche si trattasse, in tutti i casi, di attività legali sarebbero comunque insostenibili in questa enorme quantità.

 

 

Anche la Ue interviene contro la pesca eccessiva

In direzione della diminuzione della pesca intensiva è arrivata, nel mese di giugno, la decisione del Parlamento Europeo di proibire nelle acque dell’Unione Europea la pesca a strascico sotto gli 800 metri, profondità nelle quali gli stock ittici stanno diminuendo, a partire da spugne e coralli, particolarmente a rischio. In alcune zone ancora più a rischio il limite della pesca arriva ai 400 metri di profondità. Addirittura saranno chiuse completamente le aree in cui è nota o probabile la presenza di ecosistemi marini di chiara vulnerabilità. L’accordo raggiunto dovrà ora essere approvato formalmente prima dalla Commissione pesca Ue e dal Consiglio dei ministri europei per poi ricevere il via libera definitivo durante l’Assemblea plenaria a novembre 2016. Questo determinante passo della Ue arriva dopo importanti decisioni prese dalla General Fisheries Commission for the Mediterranean, il braccio operativo della Fao che si occupa dello sviluppo, della conservazione e della gestione razionale delle risorse marine nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nelle acque limitrofe, tra le quali interdire la pesca a strascico del nasello e del gambero rosa tra lo Stretto di Sicilia e il Golfo di Gabes, per ben 1.493 chilometri quadrati di superficie. Si tratta di un esempio importante di ripopolazione, in questo caso dello stock di nasello, la specie più sovrasfruttata del Mediterraneo, e di gestione sostenibile di un’area di pesca importante, in grado di produrre oltre il 60% del gambero rosa proveniente sulle nostre tavole direttamente dal Mediterraneo.

Back to top button
Privacy