L’espressione ecomafie, ormai da anni è purtroppo entrata nel vocabolario comune, non solo degli ambientalisti. Come ogni anno anche in questo 2016 il rapporto Ecomafia di Legambiente presenta in modo chiaro la situazione dei reati che la criminalità organizzata compie nel settore ambientale. E in “Ecomafia 2016. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, edito da Edizioni Ambiente, la situazione appare in chiaroscuro, con alcuni “chiari”, come la diminuzione del business globale delle ecomafie e del numero totale degli illeciti ambientali, e molti “scuri”, come l’aumento dei reati contro gli animali, delle illegalità nel settore agroalimentare, degli incendi, della corruzione in materia ambientale.
I dati di Legambiente: ecomafie e ecoreati
Ma passiamo ai numeri. Come anticipato, rispetto al 2014, nel 2015 il fatturato delle ecomafie è sceso di circa 3 miliardi di euro: è stato infatti di circa 19,1 miliardi rispetto ai 22 miliardi dell’anno precedente. Questo dato è certamente dovuto ai primi risultati della legge n. 68 del 22 maggio 2015, quella che ha introdotto i delitti contro l’ambiente, i cosiddetti “ecoreati”, in particolare l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento del controllo e l’omessa bonifica. Così, nel 2015 sono diminuiti gli illeciti ambientali
La geografia dell’Italia che delinque
Passando ad analizzare il rapporto dal punto di vista geografico, si nota come, nonostante sia diminuito il numero totale degli illeciti, questi siano invece aumentati nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, e cioè la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia. In queste quattro regioni, infatti, si sono contati ben 13.388 reati, il 48,3% sul totale nazionale (nel 2014 l’incidenza era stata più bassa, pari al 44,6%). La maglia nera per quanto riguarda le regioni italiane va alla Campania, con 4.277 illeciti ambientali, più del 15% sul dato complessivo nazionale. La seguono la Sicilia, con 4.001 reati, la Calabria (2.673), la Puglia (2.437) e il Lazio (2.431). Le province di Napoli e Salerno sono quelle più colpite dagli ecoreati, la prima con 1.579 illeciti, la seconda con 1.303; a seguire ci sono le province di Roma, Catania e Sassari. Il Lazio è sempre la prima regione del Centro Italia per quanto riguarda la quantità di ecoreati, la Liguria è la prima del Nord. Per quanto riguarda poi la corruzione legata agli illeciti ambientali, in testa troviamo la Lombardia, seguita sempre da Campania, Lazio, Sicilia e Calabria.
Nel settore agroalimentare aumentano le contraffazioni
Secondo il rapporto di Legambiente, ci sono poi alcuni settori che devono essere messi sotto i riflettori perché sempre più stretti dalla morsa delle ecomafie. Il primo è quello che riguarda la filiera agroalimentare. Nel corso del 2015 sono stati accertati 20.706 reati e 4.214 sequestri. Il valore complessivo dei sequestri effettuati ammonta a più di 586 milioni di euro. Il numero più alto di infrazioni penali è stato riscontrato tra i prodotti ittici con ben 6.299 illegalità accertate, mentre tra le tipologie specifiche di crimini agroalimentari la contraffazione è tra le più diffuse e colpisce principalmente i prodotti a marchio protetto, come l’olio extravergine di oliva, il vino, il Parmigiano Reggiano e così via. Basandosi su questi dati Legambiente ha chiesto la rapida approvazione del disegno di legge che tutela il Made in Italy enogastronomico, un ddl che, se approvato, introdurrebbe nuovi delitti come il disastro sanitario e di agropirateria a tutela dei prodotti di qualità. In particolare si migliorerebbe il Codice penale per contrastare al meglio la contraffazione (con aggravante per i prodotti Igp e Doc), le frodi in commercio, la vendita di alimenti con segni mendaci anche con la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Il settore forestale sotto assedio, tra incendi e commercio illegale
Un altro settore dove vengono richiesti urgenti interventi contro la aggressione delle ecomafie è quello forestale. Particolarmente preoccupante l’incredibile aumento degli incendi, incrementati del 49% rispetto al 2014, e che hanno devastato più di 37mila ettari di terreno. Il 56% dei roghi è avvenuto in Sicilia, Sardegna, Campania e Puglia. Nel capitolo dedicato al mondo del legno presente nel rapporto, curato da Antonio Brunori ed Eleonora Mariano del Pefc Italia, Programma per il riconoscimento di schemi nazionali di Certificazione Forestale, si leggono numeri davvero preoccupanti: dai 30 ai 100 miliardi di euro ogni anno finiscono infatti nelle tasche della criminalità organizzata di tutto il mondo, frutto di molteplici attività illegali legate al settore foresta-legno. Un fatturato secondo solo a quello del narcotraffico. L’Italia è interessata in prima linea al fenomeno: nella veste di quarto importatore al mondo di legno (con oltre 10 miliardi di euro di fatturato), è infatti il primo mercato per l’import di tronchi e altri prodotti legnosi provenienti da Paesi riconosciuti a livello mondiale per gli alti livelli di illegalità del settore, come ad esempio la Bosnia, l’Albania, il Camerun e la Costa d’Avorio. Le stime ufficiali individuano dunque in un range tra il 10 e il 20% il legname tagliato o commercializzato illecitamente nel nostro Paese, per un fatturato di circa due miliardi di euro. Il mercato nero dei pallet