Ogni giorno vengono immessi nel mercato mondiale nuovi e più potenti cellulari, ma cosa succede a quelli ormai vecchi? Molti di essi rimangono magari per anni a giacere nei cassetti delle case o, nella peggiore delle ipotesi, vengono buttati senza rispettare la raccolta differenziata per i prodotti elettronici, causando così gravi danni all’ambiente. Ma in realtà sono davvero molti i modi in cui i telefonini possono essere riciclati e riutilizzati, a volte a fini benefici, altre volte consentendo anche di ottenere piccoli o grandi guadagni.
La batteria che illumina il mondo
Secondo una stima tedesca, sono circa 83 milioni i cellulari che vengono lasciati nei cassetti delle case, dimenticati a favore di smartphone più innovativi. Il numero cresce ogni anno poiché, come spiega uno studio statistico condotto dalla società americana Recon Analytics, la vita media di un telefonino è di circa 24 mesi. La voglia o la necessità di possedere modelli più aggiornati e tecnologici fa sì che il ricambio sia davvero molto veloce, lasciando però dietro una scia di rifiuti potenzialmente pericolosi.
Riciclo e riuso per un consumo responsabile
Se il progetto appena spiegato nasce dall’impegno di numerosi ricercatori, in realtà già da tempo ci sono diverse possibilità più a portata di mano per non buttare via i cellulari e dar loro una seconda vita. Sempre secondo la Recon Analytics, negli Stati Uniti, soltanto l’8% dei cellulari non più utilizzati vengono riciclati. In Europa, la media del riciclo tecnologico (che comprende anche i cellulari) è di circa 7 chilogrammi annui pro capite, mentre quella italiana è ferma a 4 chilogrammi. Le due possibilità più semplici per riciclare i cellulari sono, attualmente, quella di portarli all’isola ecologica, rispettando la normativa dei RAEE, Rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, oppure quella di consegnarli ad un punto vendita di cellulari ed elettronica di consumo. Questi negozi sono obbligati per legge a riprendere l’apparecchio obsoleto e a smaltirlo nel modo corretto, a fronte di un acquisto di un nuovo smartphone (per il decreto 151/05). Ci sono poi alcuni punti vendita che aderiscono a campagne 1 a 0 e cioè ritirano i vecchi cellulare anche in mancanza di un nuovo acquisto. Non tutti sanno che grazie allo smembramento di cellulari non utilizzati si possono recuperare grandi quantità di materiali preziosi. Secondo uno studio di Nokia, un cellulare è composto infatti al 45% da plastica, al 20% da rame, al 20% da altri metalli – fra i quali oro e alluminio -, per il 10% da ceramica e per il rimanente 5% da altri materiali non metallici. Proprio per questo la Apple da anni ormai si preoccupa di pubblicare campagne per il recupero di tali materiali. E così è riuscita a guadagnare ben quaranta milioni di dollari dal recupero di una tonnellata d’oro ricavata dai vecchi apparecchi, oltre che 30mila tonnellate tra acciaio, vetro e alluminio, materiali che verranno opportunamente riciclati per la costruzione dei nuovi apparati. Anche Unicore, azienda belga, riesce a recuperare 350 grammi di oro da una tonnellata di rifiuti elettronici. Una delle prime intuizioni in tale direzione è stata quella di Mark Bowles, un imprenditore americano, che già nel 2008 aveva pensato a un modo di incentivare il riciclo dei cellulari: quello di pagare i consumatori che avessero deciso di riconsegnare il proprio apparecchio. Ciò con due obiettivi: evitare dispersioni di materiali dannosi, come arsenico, litio, mercurio, zinco e cadmio, e recuperare i materiali preziosi da riutilizzare. Così ha inventato le ecoAtm, i bancomat del riciclo, chioschi posizionati in giro per gli Stati Uniti, che, alla data del 31 luglio 2014, avevano recuperato in tutta l’America 250 tonnellate di dispositivi, 30 tonnellate di rame e 700 chili di argento. Se queste soluzioni prevedono un contributo al momento della restituzione del cellulare, diversa è la proposta che arriva dalla Germania: il partito tedesco dei Verdi ha infatti proposto di lasciare una cauzione di 10 euro al momento dell’acquisto di un nuovo telefonino, cauzione che verrebbe poi restituita nel momento di riconsegna del cellulare non più utilizzato. Una differente soluzione è invece quella nata in Italia: il RAEE coupon. Il sistema è semplice: al consumatore che deciderà di acquistare un nuovo cellulare, sia in un negozio tradizionale che in un negozio on-line che aderirà al progetto, e che riconsegnerà il vecchio apparecchio presso uno dei centri Assistenza convenzionati (visionabili sul sito www.raeecoupon.it o grazie alla app Raee Coupon), saranno consegnati dei buoni da spendere presso i centri stessi.
Quando il riciclo dei cellulari diventa creativo
La designer Sean Miles ha pensato a un modo decisamente più creativo per riciclare i vecchi cellulari e ha realizzato, per la collezione 02 Recycle, le scarpe Walkie-Talky. Si tratta di scarpe con autentici cellulari ancora funzionanti integrati nelle suole.
Riciclo e beneficienza: binomio possibile
Un’ulteriore possibilità, infine, è quella di donare il proprio cellulare in beneficienza. Attraverso il sito Cellulariperbeneficienza.it, nato da Comprocellulari.it, si può aiutare la Onlus Il Villaggio dei Bambini. I cellulari usati e inutilizzati (di qualunque tipo) possono essere spediti a un centro di raccolta gestito da Cellulari per beneficenza. Dopo avere recuperato le parti riutilizzabili e smaltite in maniera ecocompatibile quelle non più utilizzabili, Cellulari per Beneficenza effettuerà, per ogni cellulare raccolto, una donazione a SOS Villaggi dei Bambini. Si può inoltre scegliere di consegnare il cellulare al Magis, Movimento e azione dei gesuiti italiani, che da tempo si occupa di raccogliere e recuperare i telefonini, inventando per loro sempre nuove destinazioni. Negli anni scorsi, ad esempio, attraverso la campagna “Abbiamo tanti progetti appesi ad un filo”, si sono utilizzati i cellulari donati per sostenere la realizzazione di cucine solari in Ciad. In Ciad, infatti, le persone utilizzano ancora gli arbusti per cucinare con il fuoco, contribuendo così alla desertificazione dell’area. Con i cellulari, il cui materiale è recuperabile per il 95%, è invece possibile costruire cucine solari usate collettivamente dalle famiglie ciadiane.