Bracconaggio, l’Onu contro i trafficanti di animali
Guerra senza frontiere al bracconaggio. Come ogni anno anche in questo 2016 il 5 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente, festività proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quest’anno i riflettori sono stati puntati proprio sull’emergenza bracconaggio e il rischio di estinzione, a causa dell’uomo, di numerose specie animali e vegetali.
Un data da ricordare
Il World Environment Day nasce per ricordare e festeggiare la Dichiarazione di Stoccolma sui doveri dell’umanità per la salvaguardia dell’ambiente che venne proclamata dall’Onu nel 1972. Nel primo principio di tale Dichiarazione si legge: “L’Uomo ha il diritto fondamentale alla libertà, all’uguaglianza e ad adeguate condizioni di vita, in un ambiente di qualità che permetta una vita di dignità e benessere, e ha la solenne responsabilità di proteggere e migliorare l’ambiente per le presenti e future generazioni”. Negli altri 26 principi si parla anche di risorse della terra da salvaguardare, di pianificazione razionale delle risorse per migliorare l’ambiente, di cooperazione tra stati per sviluppare il diritto internazionale nei riguardi di temi come l’inquinamento e i danni ambientali. Le consultazioni che portarono a tale Dichiarazione iniziarono il 5 giugno 1972 ed è per questo che tale data è stata scelta per celebrare la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Ogni anno l’Onu decide un tema, che nelle scorse edizioni ha toccato lo spreco alimentare, la desertificazione, la green economy. Quest’anno la giornata è stata dedicata alla lotta contro il bracconaggio e contro il commercio illegale di animali. Lo slogan è stato “Go Wild for Life”, giocando sulla parola wildlife (natura) che si divide in wild (selvaggio) e life (vita). Un grande lavoro per mettere il bracconaggio con le spalle al muro è stato svolto dall’Unep, United Nations Environment Programme, che è la divisione dell’Onu che si occupa di ambiente.
Alcuni numeri su cui riflettere
Secondo un rapporto stilato dall’Unep in collaborazione con l’Interpol, i crimini contro l’ambiente, “environmental crimes”, dei quali fa parte il commercio illegale di animali e vegetali, arrivano a un giro di affari annuale di oltre 200 miliardi di dollari, superando addirittura il commercio illegale di armi di piccolo calibro e inserendosi al quarto posto dopo altri commerci illegali quali quelli di droga, armi e la tratta di uomini e donne. Nonostante il termine “environmental crimes” non sia universalmente riconosciuto, con crimini ambientali si intendono tutte quelle attività illegali in grado di danneggiare l’ambiente e volti a beneficiare individui o gruppi o società grazie allo sfruttamento, il danneggiamento, il commercio o il furto delle risorse naturali. La quantità di denaro perso a causa dei reati ambientali è 10mila volte superiore alla quantità di denaro speso dalle agenzie internazionali nella lotta contro di essi, circa 20-30 milioni di dollari. Per Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol, “la criminalità ambientale sta crescendo a un ritmo allarmante. La complessità di questo tipo di criminalità richiede una risposta multisettoriale sostenuta dalla collaborazione di tutti gli stati che superi i confini nazionali”. Secondo il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, “il risultato dei crimini ambientali non è solo devastante per l’ambiente e le economie locali, ma per tutti coloro che sono minacciati da queste imprese criminali. Il mondo ha bisogno di arrivare insieme a intraprendere forti azioni nazionali e internazionali per eliminare la criminalità ambientale”. Se passiamo dai crimini ambientali più generali a quelli legati al bracconaggio, il fatturato annuale del commercio di specie illegali è stimato in un range che va dai 7 ai 23 miliardi di dollari. Secondo l’annuale “World Wildlife Crime Report” pubblicato dall’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), il bracconaggio, o meglio, il traffico di fauna selvatica è sempre più riconosciuto sia come un settore in crescita della criminalità organizzata che come una significativa minaccia per molte specie di piante e di animali. Questo rapporto rappresenta la prima valutazione globale dei crimini contro la fauna selvatica condotta dall’Unodc in collaborazione con l’International Consortium on Combating Wildlife Crime, utilizzando il database mondiale chiamato “World Wise”. In tale database sono rintracciabili ben 164mila sequestri effettuati in 120 paesi. In particolare in questo studio vengono analizzati alcuni mercati nei quali le specie animali vengono commercializzate in modo irregolare, come ad esempio l’avorio per il settore dei gioielli e della decorazione, la pelle di rettili per il settore della moda, il caviale per quello dell’alimentazione.
Le specie in pericolo
Tutti questi report lanciano l’allarme in particolare per alcuni animali che sarebbero più in pericolo rispetto ad altri. Una delle specie più minacciate è il pangolino, o formichiere squamoso. L’unico mammifero vivente coperto da scaglie e protetto dalla Convenzione internazionale di Washington è ormai a rischio estinzione. È infatti uno di quei casi in cui un animale è particolarmente ricercato sia come cibo che per le sue proprietà curative. Ci sono otto specie di pangolini, quattro specie in Africa e quattro specie in Asia.
La razza dei pangolini è difficile da allevare tant’è vero che il tasso di mortalità tra i pangolini in cattività è molto alto. A parte qualche zoo, non ci sono casi di riproduzione in cattività noti per nessuna delle specie di pangolini esistenti. Delle quattro specie di pangolino asiatiche, due sono classificate come “Critically Endangered” (in pericolo critico) e due come “Endangered” (in pericolo) dalla Iucn (International Union for Conservation of Nature). Tutte e quattro le specie africane sono invece classificate come “Vulnerable” (vulnerabile). Nel database World Wise sono documentate ben 20 tonnellate di scaglie commercializzate nel mercato illegale tra il 2007 e il 2015, pari a circa 54mila pangolini uccisi. In realtà decine di migliaia di pangolini sono stati scambiati nel passato fino a che, nel 2000, fu deciso lo stop delle esportazioni dei pangolini asiatici. Un dato su tutti rende l’idea di come il commercio illegale sembri quasi inarrestabile e arrivi a falsare l’economia reale: se arrivano infatti a 1.467 i pangolini commercializzati legalmente, quelli sequestrati in azioni contro il bracconaggio arrivano addirittura a 107.060. Un altro animale da sempre sotto la lente di ingrandimento per il pericolo di estinzione è l’elefante, cacciato in particolare per l’avorio delle sue zanne. Si stima che nel quinquennio 2009-2014, 1.700 tonnellate di avorio di elefante siano state trafugate dall’Africa e che in soli tre anni (dal 2010 al 2012) tale commercio abbia causato la morte di 100 mila elefanti sui 500mila che vivono ancora nel continente. Secondo il Wwf, sono ben 7mila le specie oggetto di crimini di questo tipo. Tra questi, anche gli scimpanzé, ormai estinti in paesi come Gambia, Burkina Faso, Benin e Togo, o i rinoceronti, 70mila circa nel 1970 in Africa e ora arrivati a 20mila, per il rinoceronte bianco, e a poco meno di 5mila, per quello nero. Anche le tartarughe marine, cacciate per il carapace e per la loro carne, sono sempre più in pericolo, anche a causa del commercio illegale di uova che ha portato al crescente saccheggio dei nidi.
Testimonial d’eccezione
Proprio per porre l’attenzione su quali siano le specie più in pericolo, sono stati scelti otto importanti testimonial provenienti dal mondo dello sport, della moda, del cinema che, con la loro notorietà, riescano a far arrivare alto e forte il messaggio: combattere il bracconaggio e il commercio illegale delle specie protette. Ciascun testimonial è stato abbinato a una specie: dal calciatore ivoriano Yaya Touré collegato agli elefanti alla modella brasiliana Giselle Bundchen abbinata invece alla tartaruga, dall’attore statunitense Ian Somerhalder che rappresenta il pangolino fino a Nikki Reed, attrice, sceneggiatrice e cantautrice americana, la cui immagine è stata abbinata alla protezione delle piante di palissandro, che vengono tagliate senza scrupoli per creare strumenti, mobili, ornamenti e sculture.