Barriera corallina a rischio sbiancamento
Una delle meraviglie del nostro Pianeta, la Grande barriera corallina australiana, è seriamente a rischio a causa di un fenomeno che, se non tenuto sotto controllo e circoscritto, può portare alla distruzione di larghe parti di questo tesoro della biodiversità: lo sbiancamento dei coralli.
I numeri dell’emergenza
La Grande barriera corallina australiana, classificata come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, si estende per 2.300 km al largo della costa del Queensland, nell’Australia nord-orientale, ed è composta da oltre 2.900 barriere coralline singole e da 900 isole. Secondo gli scienziati e i ricercatori, il 93% di tale barriera corallina è seriamente a rischio a causa dello sbiancamento, fenomeno che ha ucciso o sta uccidendo già il 35% dei coralli. Questa è la prima stima comunicata dall’Arc Centre of Excellence for Coral Reef Studies dopo mesi di indagini aeree e subacquee. La situazione si presenta in realtà molto differente nelle varie zone della barriera corallina. Al Nord la situazione è decisamente peggiore, come sottolinea il direttore dell’Arc Centre, il biologo marino Terry Hughes, secondo il quale “il 35% dei coralli sono ormai morti o moribondi in 84 delle barriere che abbiamo analizzato lungo le sezioni settentrionali e centrali della Grande Barriera Corallina, tra Townsville e Papua Nuova Guinea”. In altre zone la barriera corallina sembrerebbe essere meno in sofferenza, ad esempio dalla zona di Cairns verso sud, dove la mortalità media è stimata solo al 5%. Ma anche se la mortalità è inferiore, sempre secondo Hughes, “praticamente senza eccezioni ogni scogliera che abbiamo sorvolato mostrava alti livelli di sbiancamento. Abbiamo volato per circa 4mila chilometri sulle zone più incontaminate della Grande Barriera Corallina e osservato che solo quattro barriere non sono interessate dallo sbiancamento”.
Il riscaldamento globale sul banco degli imputati
Negli ultimi diciotto anni è la terza volta che si assiste a tale fenomeno, già occorso nel 1998 e nel 2002, ma questa sembra essere quella più preoccupante, perché l’ampiezza della porzione di barriera intaccata è decisamente allarmante. Ancora secondo Hughes, rispetto ai due precedenti sbiancamenti della barriera, “l’evento corrente è molto più estremo di quanto abbiamo mai misurato prima”. Questi tre eventi si sono tutti verificati a causa di un aumento di un solo grado centigrado delle temperature globali rispetto a quelle esistenti nel periodo pre-industriale. Lo sbiancamento è un fenomeno che nasce a causa di condizioni anomale dell’ecosistema marino, ad esempio un riscaldamento eccessivo delle acque del mare: la temperatura più alta spinge i coralli a espellere l’alga simbiotica che vive in essi, la “zooxanthellae”. Così facendo il corallo inizia ad assumere colorazioni sempre meno intense. I coralli sbiancati possono recuperare se la temperatura si abbassa e le zooxanthellae tornano a ricolonizzarli. In caso contrario, i coralli diventano completamente bianchi e possono morire. Le condizioni anche molto differenti riscontrate nelle diverse zone della barriera corallina dipendono da fenomeni climatici che cambiano nettamente, da Nord a Sud. Secondo alcuni scienziati, ad esempio, le scogliere più a sud hanno evitato danni maggiori a causa della temperatura dell’acqua, in quella zona più vicina alle normali condizioni estive. Anche nella parte centrale la gravità dello sbiancamento è minore e più vicina alla intensità dei primi due eventi di sbiancamento di massa sulla barriera Corallina. Molti dei coralli sono sbiancati più moderatamente, e quindi ci si può aspettare che la maggior parte di loro sopravviva e riprenda il suo colore normale, quando le temperature scenderanno nei prossimi mesi. Nella parte settentrionale, invece, la situazione è peggiore rispetto alle aspettative, come spiega bene Verena Schoepf della University of Western Australia: “La zona costiera che studio, a nord di Broome, ha maree enormi e pensavamo che i coralli fossero super corals perché devono normalmente far fronte a grandi oscillazioni di temperatura. Quindi, siamo rimasti scioccati nel vedere che fino all’80% di loro sono diventati bianchi come la neve. Sono state colpite anche le specie più resistenti”.
Un movimento mondiale per difendere la barriera corallina
Sono tante le associazioni che si sono spese per chiedere maggiore attenzione per l’emergenza che sta affrontando la Grande barriera corallina. Anche il Wwf ha voluto sottolineare il legame tra lo sbiancamento della barriera corallina e il riscaldamento globale. In un comunicato dell’associazione ambientalista si legge infatti: “Il riscaldamento globale, alimentato dalla bruciatura di combustibili fossili, aumenta la temperatura delle acque, mentre il loro inquinamento indebolisce i coralli rendendoli più vulnerabili e meno capaci di riprendersi”. Secondo Greenpeace “nonostante da anni gli scienziati richiamino l’attenzione sui pericoli che questo meraviglioso ecosistema marino sta correndo, i dati diffusi oggi confermano che il rischio di perdere per sempre inestimabili patrimoni sottomarini è purtroppo concreto se i governi non interverranno per cambiare subito le proprie politiche energetiche. È necessario abbandonare al più presto i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – per puntare su efficienza energetica e rinnovabili”. La mobilitazione di associazioni ambientaliste è nata anche in risposta alla scelta dell’Unesco, presa nel 2015, di non inserire la Grande Barriera Corallina australiana nella lista dei patrimoni a rischio e di non includerla, quest’anno, nel rapporto stilato dall’Unesco in collaborazione con l’Unep (United Nations Environment Programme) e l’Ucs (Union of Concerned Scientists) e intitolato “World Heritage and Tourism in a Changing Climate”. Secondo tale rapporto 31 siti classificati come Patrimonio dell’Umanità in 29 paesi sarebbero a rischio a causa dell’aumento delle temperature e del livello del mare, dello scioglimento dei ghiacciai, delle tempeste più intense, di siccità e incendi, tra questi la laguna di Venezia, il parco di Yellowstone, le Isole Galapagos. Tutti i continenti sono stati toccati. Ma spicca la mancanza di uno di questi: l’Australia. Secondo il quotidiano britannico The Guardian “ogni riferimento all’Australia è stato rimosso dalla versione finale di un importante rapporto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico dopo che il governo australiano è intervenuto, obiettando che le informazioni potrebbe danneggiare il turismo”. La prima versione del rapporto conteneva infatti, sempre secondo il giornale inglese, anche una sezione dedicata alla problematica legata alla Grande barriera corallina, così come altre piccole sezioni su Kakadu e le foreste della Tasmania. Ma il Dipartimento australiano dell’ambiente, dopo aver visionato una bozza del rapporto, si è opposto ed ogni accenno all’Australia è stato rimosso dall’Unesco. L’Australia è rimasta così l’unica a non avere menzioni all’interno del rapporto. A peggiorare la situazione, e i rapporti già tesi tra ambientalisti e istituzioni australiane, la decisione presa dal governo del Queensland di accordare una concessione mineraria per la più grande miniera di carbone in Australia, senza dare ascolto dunque alle richieste di diminuire le emissioni colpevoli di incidere sull’aumento del riscaldamento globale e quindi delle acque marine. Shani Tager di Greenpeace Australia Pacific ha voluto sottolineare che “non c’è dubbio che attualmente la barriera corallina stia soffrendo. Gli scienziati che studiano il corallo, la Great Barrier Reef Marine Park Authority e anche il Governo del Queensland hanno riconosciuto la gravità di questo ultimo sbiancamento. I ministri dell’ambiente federale e del Queensland si mordono le mani, disperati, per lo stato della Grande Barriera Corallina, ma allo stesso tempo stanno spianando la strada per la più grande miniera di carbone della nazione: un progetto che può solo danneggiare la barriera corallina. Proteggere la barriera corallina e approvare il contratto di locazione di estrazione mineraria di Carmichael sono due progetti diametralmente opposti. Non si può fare entrambe le cose. Questa decisione è spaventosa. La Grande barriera corallina è Patrimonio dell’Umanità perché è una meraviglia naturale del mondo e in questo momento le sue aree più incontaminate sono colpite dallo sbiancamento perché le acque sono troppo calde. Si suppone che il governo del Queensland dovrebbe prendersi cura della nostra barriera, invece sta dando il via libera per l’estrazione del carbone che sta causando i cambiamenti climatici e il riscaldamento che sbianca il nostro corallo”.