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Amish, la comunità a impatto zero da imitare

Vivere come gli Amish e diventare una famiglia a impatto zero. Non è un racconto di fantasia. Questa storia sembra partire da lontano, ma potrebbe essere la storia di una famiglia qualunque, scritta in un giorno qualsiasi, dopo una qualunque casuale illuminazione. I coniugi Beaven conducevano un’esistenza tranquilla nel lusso del loro appartamento nella celeberrima 5a strada di New York fino a quando, guardando un documentario di Al Gore, si sono sentiti talmente in colpa di appartenere al genere uomo-inquinatore da decidere di rivoluzionare la loro vita, passando a una nuova esistenza ad impatto zero. Michelle ha raccontato così quella che si può definire una conversione: «Sono andata a vedere ‘An Inconvenient Truth’ in un cinema con l’aria condizionata. È stata una chiamata alle armi. Mi sono accorta che tutto quel che stavo facendo nella mia vita contribuiva alla distruzione dell’ambiente. È stato allora che ho deciso di dire basta». Colin e Michelle, con la loro figlia Isabelle e il cane Friskie, hanno raccontato in un blog, scritto da un internet point vicino, un anno di vita senza prendere ascensori (pur abitando al nono piano), auto, senza tirare lo sciacquone, guardare la tv, senza lavastoviglie, forno, stufa elettrica, rasoio, computer, acquistando cibi biologici da fattorie biologiche, lavandosi i denti col bicarbonato, andando al lavoro in monopattino e convivendo con una colonia di vermi a cui viene data in pasto la propria spazzatura. Ma come detto, non sono i soli.

 

Non solo Amish

Un gruppo di San Francisco, denominato “The Compact”, in omaggio al patto del Mayflower firmato dai Padri Pellegrini per fondare una colonia americana che aveva come scopo quello di promuovere il bene comune, sono riusciti ad astenersi per un anno intero dal fare acquisti. Così John Perry, quarantaduenne che lavora nell’IT nella Silicon Valley, spiega che la sua scelta «significa essere consapevoli degli eccessi della cultura dei consumi e del fatto che stiamo affondando le nostre risorse e impoverendo la gente nel resto del mondo». Sicuramente è una presa di coscienza che può arrivare in qualunque latitudine, ma in particolare sembra accadere negli States: sempre negli Stati Uniti, infatti,  ci si può imbattere nei Froogles, un gruppo di persone che vivono barattando beni di necessità e vestiti su internet. Oggi l’ideale di vita di questi eco-radical-chic in cerca di uno stile di vita ad impatto zero sull’ambiente sembra somigliare ogni giorno di più a quello impatto zero attuato dagli Amish: le donne non si tagliano mai i capelli e gli uomini dopo il matrimonio si fanno crescere la barba, non hanno elettricità e si sposano solo nei mesi di novembre e dicembre durante il periodo di pausa di lavoro nei campi. Gli Amish, comunità storica e spesso derisa, ora stanno diventando di moda negli Stati Uniti, registrando negli ultimi tempi una sorprendente crescita di adesioni. È questo il risultato di uno studio, compiuto da Cory Anderson, della Ohio State University. E questo perché le comunità “stabili”, che pongono al centro della propria esistenza la fede e i valori familiari e che non pesano sull’ambiente, sono certamente attraenti per alcune persone, e in particolare per i giovani adulti desiderosi di trovare un’alternativa alla cultura dominante incentrata su tecnologia, consumismo e stili di vita secolarizzati.

 

La cultura Amish

È interessante esaminare più da vicino quale sia la tipologia degli “aspiranti” alla vita ascetica o quasi degli Amish. Le donne e i giovani adulti sono quelli che mostrano più interesse e la cosa curiosa, ma fino ad un certo punto, è che sei su dieci degli aspiranti sono di sesso femminile. A guardarla da un’altra angolazione, quello di cui stiamo parlando è un modello di società alternativa, forse persino un modello dello spirito. Perché occorre dirlo: al primo impatto con l’Amish Country, gli occhi si perdono nel senso di bellezza e di armonia del paesaggio e in qualche modo quell’armonia ti entra dentro, lasciandoti stupefatto a guardare per minuti interi i declivi ornati dalle staccionate bianche, i cavalli che brucano in un recinto, la compostezza allegra dei fienili dipinti di rosso. Le persone che abitano in queste comunità hanno fatto dell’immersione nella natura un’arte, l’arte del lasciarsi andare, guidati dai ritmi del sole che sorge e tramonta, l’arte del coltivare le cose piccole e importanti della vita: la tenerezza di una nidiata di conigli, il sorriso dei bambini che restano incantati a guardarli, la capacità di camminare insieme a un cavallo o una mucca fianco a fianco senza briglie o altro perché, come spiega da sotto la barba un signore con un sorriso: «Noi due siamo una cosa sola, se li ami, gli animali ti sentono i pensieri». In ogni comunità Amish tra aprile e ottobre non sarà difficile trovare una azienda agricola aperta ai visitatori, lungo la strada asfaltata noterete i cartelli in legno che indicano le farm houses e le loro specialità. Di solito vi accoglierà un nutrito negozio di marmellate e conserve fatte in casa, pane, biscotti della nonna, bambole di stoffa e coperte variopinte in cotone intrecciato a mano, oggetti in ferro battuto e fiori a profusione. Se volete capire appieno questo mondo, sbirciate anche la selezione di libri sugli scaffali in legno: i titoli vanno dal come produrre in casa burro, formaggi e latticini al bricolage di tutti i livelli. Ma il vero plus è immergersi nella vita di una casa Amish, o attraverso le visite guidate, o se siete fortunati, trovando qualcuno che vi ospita per due o tre giorni (anche se questa, a primo impatto potrebbe essere una esperienza un po’ radicale). Scoprirete che, ben lungi dall’essere degli ottusi retrogradi, gli Amish non rifiutano del tutto la tecnologia, perlomeno non nei casi di necessità. Qui si viaggia col carretto, lentamente e facendosi cullare dal passo del cavallo, per scelta di vita. Ma quando serve una corsa in ospedale, si chiama il taxi. Ci si alza al mattino col sole che sorge e illumina le campagne, ma non di corsa come facciamo noi, allarmati da una sveglia, bensì con calma e riportati allo stato di coscienza dal canto degli uccellini e da un raggio di luce che s’insinua negli occhi. E si va a dormire dopo una giornata di lavoro fisico, con il buio. Niente luci artificiali: se serve, nelle ore di buio, ci sono le candele e le lampade a olio. Perché così la luce è dolce e sommessa e ti ricorda che quelle sono le ore in cui il tuo corpo è predisposto da madre natura per abbassare il metabolismo e ritemprarsi. Certo però quando le ore del parto si allungano nella notte, la lampadina che serve appare come per magia. Gli uomini dalle lunghe barbe e compostamente vestiti di scuro, col perenne cappello nero, e le donne con le loro cuffiette hanno scelto questa vita. Credono che le nostre comodità, l’elettricità e l’acqua corrente, i computer e i telefoni, il nostro modo di vivere, ci abbiano tolto dal flusso delle cose e resi stressati e nevrotici, perennemente alla rincorsa del tempo che non è mai abbastanza. E dopo esser stati qui e aver cambiato ritmo, forse lo crederete anche voi. In ogni caso, è una scelta. A diciotto anni, volenti o nolenti vengono mandati in una grande città, a vivere per un anno o due la vita normale. Perché possano decidere con cognizione di causa cosa fare del proprio futuro. Molti tornano, altri no. Molti altri vengono qui da adulti, cercando di ritrovare una forma di rispetto per il mondo che ci circonda, un modo nuovo per tornare ad amare il nostro pianeta.