Salute e benessere

Cruelty free e open source: sono i cosmetici 2.0

I cosmetici del futuro? Non potranno che essere sempre più cruelty free, vegan e anche open source. Il rispetto degli esseri umani, della natura, degli animali e dell’ambiente sono sempre di più frequentemente i criteri seguiti dai consumatori per la scelta dei prodotti nel campo dell’alimentazione, della moda, dell’arredamento e anche in quello della cosmesi, dove i prodotti bio e vegan sono sempre più protagonisti. È un dato di fatto: attenzione per ambiente ed ecosostenibilità sono temi all’ordine del giorno, che vanno progressivamente investendo tutti gli aspetti della nostra vita, dall’alimentazione, al diffondersi di mezzi di trasporto meno inquinanti, alle abitazioni a basso impatto ambientale, alla moda. Si va affermando infatti la tendenza culturale a stili di vita più a misura d’uomo, alle buone pratiche per una vita sana e naturale. Questa sensibilità si è fatta strada anche nel mondo della cosmesi, dove è molto sentita l’esigenza di offrire alla propria clientela prodotti biologici, in nome di una bellezza più etica ed ecofriendly.8643dd44-937f-48f5-b592-34151eea5b60 Le aziende cosmetiche hanno colto subito l’aumento dell’attenzione verso i temi “green” e hanno compreso l’importanza di proporre linee di prodotti dall’innegabile coté ecologista, perché la cosmetica è questione di chiarezza e trasparenza. Le formulazioni, gli ingredienti e le certificazioni sono importanti. Così racconta ad esempio Raffaella Gregoris, fondatrice di Bakel.it, 100% italiano, 100% principi attivi, 100% etica, 100% trasparenza, 100% certificato e 0% inutile. Dove per inutile si intende tutto ciò che è superfluo, inquinante, nocivo, tossico, per l’organismo e l’ambiente. Pensando a Bakel si pensa a iter perpetui necessari per raggiungere un elevatissimo grado di qualità, a impegno costante e aggiornamenti infiniti. Raffaella Gregoris racconta anche alcuni motivi che spiegano perché i cosmetici naturali e cruelty free siano la decisione (di bellezza e non) migliore da prendere. Come l’ABC degli ingredienti. B come biotecnologico, M come minerale e V come vegetale. Non solo ingredienti che abbiano una comprovata efficacia, ma l’origine di ogni singolo ingrediente: «Bakel lavora con ingredienti di origine biotecnologica, la stessa in grado di garantire una efficacia maggiore in quanto si tratta di sostanze create a partire da un input vitale (bios = vita). Materie prime rigorosamente eco-certificate dunque, alle quali se ne aggiungono altre prese dal mondo minerale, così come gli ingredienti, questi molto pochi, di sintesi. Altro motivo: i “conigli” del cruelty free. Ci sono diversi simboli col coniglietto che indicano che il prodotto non è testato sugli animali, che però non sono tutti quelli ufficiali delle liste cruelty free, e c’è anche chi dietro a un paio di orecchie rosa cela un merito non del tutto motivato, perché il simbolo usato per i prodotti cruelty free, il simbolo standard è solo uno. Bakel dice ‘no’ ai derivati animali perché sono sempre stata contraria alla sperimentazione sugli animali. Partendo del lontano 2009, quando non era ancora entrata in vigore la legge passata poi nel 2013, quella che vieta l’importazione di materie prime sperimentate sugli animali o di prodotti testati sugli animali, e sempre nell’anno 2009 decido di iniziare il lunghissimo, costoso e faticoso iter per certificare la mia azienda come brand cruelty free. Ci sono voluti due anni ma ancora oggi quando presento nuovi prodotti devo rifare i test di idoneità e ri-certificare che il tutto sia in linea con le normative». Come fare, quindi, per riconoscere il “vero coniglio”? «Attenzione massima e competenza sono i requisiti fondamentali. Sul mercato esistono tantissimi falsi conigli e in pochi sono in grado di riconoscere quello vero da quello finto. L’unico che certifica il cruelty free è quello che presenta le due stelline e la lettera ‘R’ di registrato, quello che viene rilasciato in Italia dal Cea, l’organo deputato per fare i controlli, e dalla Lav, la Lega Anti Vivisezione. Completa l’iter il numero di registrazione, il nostro è il n° 45. È questo l’unico ‘sigillo’ valido che si rifà pieno alle norme di Bruxelles. Da non confondere con un altro coniglio, questo però in stile cartoon, abusatissimo da molti brand di cosmetica e nient’altro che un’autocertificazione che la PETA considera sufficiente per rilasciare la dicitura cruelty free, ma che in Italia non ha alcuna valenza, proprio perché non è garantito da alcun test o esame. Io li ho voluti entrambi».

 

Hacker della bellezza 2.0

Si definiscono in maniera divertente i nuovi «hacker della bellezza» i quattro fondatori di agronauticosmetics.com, una beauty startup innovativa, nata a Milano nel 2014 ma presentata ufficialmente solo pochi mesi fa: «Stiamo lavorando al concept e alle formulazioni dei nostri prodotti da circa due anni – spiega Domenico Frontera, uno dei fondatori di Agronauti Cosmetics – volevamo che fossero biologici, vegani, quindi privi di qualsiasi ingrediente di origine animale, e che non contenessero né sostanze dannose per la pelle, né sostanze che, seppur non incriminate dalla comunità scientifica, presentano a nostro parere elementi di dubbia utilità, come oli minerali, petrolati, siliconi e parabeni».

 

Open source, customer certified e charity projects

Fin qui Agronauti Cosmetics potrebbe sembrare uno dei tanti e-commerce nati con la volontà di cavalcare il recente successo della cosmesi eco-bio. Ma c’è di più. Innanzitutto, il concetto di open source applicato alla cosmesi: «L’idea è arrivata quando ci siamo dovuti confrontare con le certificazioni vegane e biologiche – spiega Frontera – dopo esserci informati abbiamo deciso di rinunciare alla richiesta di certificazione a enti terzi (e quindi al relativo investimento) e di pubblicare sul nostro sito tutte le informazioni che sarebbero state necessarie per ottenerla: non solo tutti gli Inci, quindi gli ingredienti contenuti nei nostri prodotti, ma anche le ricette. Ispirandoci al funzionamento dei più famosi software open source, come Linux e Open Office, abbiamo deciso di rendere le nostre formule patrimonio creativo comune con licenza Creative Commons 4.0, in questo modo i nostri prodotti sono Customer Certified, certificati dal consumatore, che, avendo tutte le informazioni necessarie, può valutarli autonomamente. Inoltre, abbiamo destinato i fondi così risparmiati ad associazioni che sono in linea con la nostra filosofia e anche su questo siamo completamente trasparenti: le attestazioni di donazione e gli importi sono visibili sul nostro sito». 802e93dd-ed44-4675-bd4e-2e319098b4a4Chiunque sia interessato (formulatori, chimici, studenti di medicina o semplici consumatori) può dunque consultare i processi di creazione dei prodotti, e proprio come nei software open source, inviare segnalazioni e proposte di modifica agli sviluppatori. Ma in che modo? «Stiamo lavorando a una piattaforma web che faciliti lo scambio di conoscenze e di contributi. Per portare a compimento questo progetto abbiamo intrapreso due percorsi – prosegue l’imprenditore – il primo è di crowdfunding, il secondo è un workshop in partnership con il Politecnico di Milano, nel quale gli studenti interessati potranno lavorare alla piattaforma». Un progetto ambizioso considerata la sua carica d’innovazione, ma che sta già cominciando a portare soddisfazioni ai ragazzi di Agronauti Cosmetics: «Per ora abbiamo avviato con successo il nostro e-commerce (da qualche giorno abbiamo inaugurato anche quello in inglese) nel quale è possibile acquistare le nostre prime due linee di prodotti, Shield e Pure – conclude Frontera – ma la nostra distribuzione, grazie anche ad alcuni market places, raggiunge tutta l’Europa, e presto speriamo anche gli Stati Uniti». In definitiva, prendersi cura di sé, del proprio benessere e del proprio aspetto in maniera rispettosa della natura e dell’ambiente: questa sensibilità è sempre più presente in chi si orienta verso un consumo più responsabile. Per questo, quindi, ci si rivolge sempre più verso prodotti ecologici i cui ingredienti devono essere trasformati il meno possibile, senza troppe sostanze chimiche e senza l’utilizzo di componenti di origine animale. La preferenza va inoltre a prodotti di filiera corta, che usino componenti il più possibile ricavati da fonti del territorio circostante. Si privilegiano componenti che apportano benefici al corpo, alla bellezza e anche allo spirito, cercando di evitare sostanze e tecniche potenzialmente tossiche per l’essere umano.

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