Cile: le alghe provocano una catastrofe ambientale
Cile bicolore, rossonero per la precisione. Il calcio pero in questo caso non c’entra. Il rosso, infatti, è quello della più grande marea rossa della storia. Così tante alghe non si erano mai viste nel Sud del Cile, dove le fioriture algali sono un fenomeno naturale (e per gli scienziati c’è anche lo zampino di El Niño). I cambiamenti climatici hanno portato all’incredibile sviluppo di un’alga nociva dal colore rosso che sta uccidendo milioni e milioni di pesci e sta mettendo in ginocchio migliaia di pescatori cileni. Il nero, invece, è il colore della morte. Proprio secondo un mito dei pescatori cileni, nelle giornate di nebbia è possibile vedere una leggendaria nave fantasma, che appare e scompare senza lasciare traccia: il Caleuche; sono poche le persone che possono vantarsi di averla vista solcare le acque di Chiloé e navigare tra i canali dell’arcipelago del Cile meridionale, portando la luce e la musica nelle esistenze degli abitanti di queste remote isole cilene. Adesso però la musica del Calueche ha abbandonato la regione, lasciando i pescatori locali a combattere quella che è stata definita una “catastrofe silenziosa”, una fioritura algale senza precedenti, che si estende per duemila chilometri di costa, dallo Stretto di Magellano a Valdivia, uccidendo milioni di creature marine. Conosciute comunemente appunto come “maree rosse” per la colorazione che solitamente inducono nelle acque, le fioriture algali sono fenomeni causati dall’esplosiva proliferazione di alcune alghe microscopiche all’instaurarsi di condizioni ambientali particolarmente favorevoli. Le fioriture hanno conseguenze ecologiche disastrose per gli altri organismi acquatici che spesso finiscono per essere avvelenati dalle tossine prodotte dalle alghe o soffocati dalla carenza di ossigeno provocata dalla grande quantità di biomassa in decomposizione. L’alga, infatti, contiene una tossina che paralizza il sistema nervoso centrale di molluschi e pesci: milioni di salmoni sono caduti vittima di questa alga che, diminuendo l’ossigeno presente nell’acqua marina, porta anche all’asfissia. Le autorità cilene hanno disposto il divieto di pesca in tutta l’area, perché il consumo di molluschi avvelenati potrebbe avere effetti nocivi anche sull’uomo.
Per il Cile è un disastro senza precedenti
Il Cile sta subendo dunque uno dei peggiori disastri ambientali e sociali della sua storia. Come se non bastasse, Greenpeace Chile racconta anche altre problematiche: «Varie specie di molluschi, oltre a granchi, uccelli e otarie sono state trovate morte sulle spiagge di Chiloé. Anche se esiste un consenso scientifico rispetto al fatto che stiamo affrontando un gravissimo episodio di marea rossa, questo è avvenuto dopo che sono state scaricate in mare 9mila tonnellate di salmone in decomposizione». Greenpeace Chile sottolinea infatti che «il governo cileno non solo ha autorizzato lo scarico di un totale di 9mila tonnellate di scarti di pesce in uno stato di decomposizione che li rende pericolosi. Non ha nemmeno informato in maniera trasparente e sufficiente la comunità chilota e il resto del Paese sull’impatto potenziale e le cause reali. A questo si aggiungono le molteplici denunce di quest’area su altri scarichi illegali nella zona. Il mare non è una discarica. Lo sversamento deve fermarsi immediatamente. Il governo cileno dovrebbe controllare, coinvolgere e informare la comunità e garantire con piani concreti che eventi come questi non si ripetano più». Greenpeace invita i cittadini cileni a scrivere alla presidente Michelle Bachelet per chiederle che «prenda in maniera urgente le misure necessarie per frenare questa catastrofe». Intanto gli attivisti di Greenpeace Chile sono andati sulle isole colpite per documentare il disastro e dicono che «Il panorama è devastante: è pieno di morte e desolazione. Pesci, crostacei, uccelli e mammiferi marini galleggiano sull’acqua e arrivano con la mare sul bagnasciuga delle spiagge. A questo si aggiungono centinaia di famiglie senza risorse nella totale incertezza rispetto a quel che succederà alla loro fonte di lavoro e di sviluppo sociale e culturale».
Come sappiamo, l’eccezionale temperatura registrata in estate nelle acque dell’Oceano Pacifico meridionale ha innescato una serie di fioriture algali dai risvolti catastrofici, il cui epicentro è localizzato proprio nell’arcipelago di Chiloé. Negli allevamenti ittici che sostengono buona parte della popolazione dell’isola principale – il Cile è il secondo produttore mondiale di salmone dopo la Norvegia – alla fine dello scorso anno è suonato il primo di allarme. La moria di oltre 27mila pesci, avvenuta nel tardo dicembre, è proseguita nei primi mesi del 2016, uccidendo tra febbraio e marzo 25 milioni di salmoni in 45 allevamenti del Paese. La marea tossica non si è abbattuta solamente sulle attività commerciali ma ha annientato tutto ciò che popola le pescose acque dell’arcipelago: meduse, crostacei, mitili, calamari.
Reazione a catena
Come in una “tempesta perfetta”, il disastro ambientale cileno è il frutto di una concatenazione di cause ed eventi. L’accumulo nei tessuti degli organismi marini della saxitossina, una sostanza neurotossica prodotta dal dinoflagellato Alexandrium catenella, ha condannato anche gli animali che si sono nutriti delle carcasse trasportate a riva, propagandosi nella catena alimentare: uccelli, cani e persino l’uomo. Secondo un quotidiano cileno, in marzo sono state dozzine le persone ricoverate all’ospedale con sintomi di avvelenamento, due delle quali avrebbero avuto un decorso fatale.
Nonostante le fioriture algali siano ampiamente documentate da tempo in Cile, un fenomeno di tali proporzioni non era mai stato osservato prima. Un biologo marino dell’Universidad de Concéption, Ciro Oyarzún, ha definito l’attuale marea rossa una “tempesta perfetta”, frutto della azione combinata di diversi fattori. La penuria di precipitazioni estive e un aumento della temperatura media dell’oceano di 0,74° C, provocati dall’eccezionale El Niño di quest’anno, ha ostacolato il naturale rimescolamento della colonna d’acqua, favorendo l’accumulo di nutrienti e quindi una fioritura algale senza precedenti per estensione, durata e intensità.
Uscire da questa situazione è, ad oggi, impensabile: gli esperti parlano infatti di un miglioramento non prima del 2018. I pescatori sono ormai in ginocchio, l’economia del luogo è ferma e iniziano le proteste: il governo non è in grado di fermare la crisi ambientale e, dopo una lunga trattativa con la popolazione, ha pensato di concedere circa 450 dollari a ogni famiglia colpita dal disastro per provvedere ai beni di prima necessità. L’intero ecosistema marino è in pericolo, poiché una morte così massiccia di specie permette la proliferazione di altre specie portando ad uno squilibrio di ampie zone d’oceano. La scorsa settimana la presidente Michelle Bachelet ha annunciato la formazione di una commissione scientifica per comprendere le cause e individuare gli eventuali colpevoli, di questa catastrofe ambientale. Nel frattempo nell’isola monta il malcontento e l’ostilità per le multinazionali del salmone, sfociati in numerosi cortei per le strade e proteste tra la popolazione, tradizionalmente dipendente dalle risorse marine. Mai come in questi giorni, i chiloti sperano nel ritorno del Caleuche, per spazzare via il silenzio di un oceano senza vita.